Un confronto tra lo Stasimo Primo ed il Salmo 8: Introduzione
Un confronto tra lo Stasimo Primo ed il Salmo 8: Commento critico
Un'analisi dei personaggi dell'Antigone:
Antigone, eroina e vittima di questa tragedia, è un personaggio vivo, straziato dal dolore ma fermamente, coraggiosamente e fieramente sicuro di dover obbedire alle leggi degli dei e non ad un’autoritaria imposizione umana. La scelta che deve compiere tra la propria vita e ciò che ella sente come un dovere – dare sepoltura al fratello morto, traditore della città ma pur sempre a lei legato dal sangue e dagli affetti, punto di riferimento in un’esistenza costellata da lutti senza tregua – è estremamente dolorosa e sofferta, ma Antigone non sembra mai avere accenni di esitazione. Colpisce di Antigone soprattutto la fermezza di principi, l’assenza di ripensamenti, la convinzione assoluta di essere nel giusto, la fierezza delle proprie idee, difese a costo della propria vita. D’altronde, proprio questa fermezza sembra rendere il suo carattere molto spigoloso: ella è troppo altera, mai dolce, mai pronta alla tenerezza, né con la sorella Ismene né verso Polinice – agisce per dovere, non parla mai apertamente di amore. Non ha mai parole di affetto per Emone: pare quasi che una parola, un gesto di affetto possano rovinare la purezza del suo proposito. Eppure proprio questo proposito la porterà all’annientamento di se stessa, quasi la morte fosse il suo unico e vero amore.
Il tema della sepoltura sembra essere il più importante dell’intera tragedia, ed attorno ad esso ruota tutta la vicenda. Da sempre gli uomini hanno dato sepoltura ai propri morti e la vista di quel povero cadavere – privo di colpe nel momento stesso in cui è privo dello spirito vitale – provoca non solo la pena di Antigone ma anche la commozione (nel senso etimologico del termine, in accordo con l’interpretazione di Aristotele sull’effetto catartico della tragedia) dello spettatore. Non si può non immedesimarsi nel ruolo di vittima di Antigone, non si può comprendere l’ostinazione cieca di Creonte nei confronti di un suo stretto congiunto che già ha pagato con la propria vita il suo errore. Creonte è indubbiamente il personaggio più spregevole del dramma, il contraltare di Antigone, il catalizzatore del risentimento e del disprezzo degli spettatori. Spietato con il proprio sangue e con se stesso, in nome di un dovere scritto immutabile ed inappellabile, la legge della Polis. Sta, in difesa delle proprie convinzioni, contro tutti e tutto: impersona egli stesso la legge – che egli solo pretende di conoscere – e detiene il bastone che segna e delimita il confine tra il bene ed il male.
Antigone e Creonte – come Sofocle in un certo senso sa nel delineare le loro figure – sono destinati a scontrarsi. I loro caratteri sono allo stesso tempo distanti e vicini, così convinti delle proprio irrinunciabili certezze. Dal conflitto insanabile nasce la tragedia, che deve per definizione avere un esito fatale ed irreversibile per tutti i sui protagonisti. Colpisce il fatto che – nonostante gli oltre 2 millenni che ci separano da questo testo – i suoi temi siano eterni e vivi ancor oggi: sono gli stessi che animano ogni conflitto, che lacerano le coscienze e che portano l’odio dell’uomo contro l’uomo in nome di valori cui nessuno, per troppo attaccamento e cecità, vuole per primo abdicare in favore del rispetto e dell’amore reciproco.