Nerone

STATUA DORATA DI NERONE

    Un imperatore che merita un posto di rilievo nella dinastia Giulio-Claudia è sicuramente Nerone. Questo princeps governò Roma tra il 54 ed il 68 d.C.. Se tutti gli storici - Tacito in testa - sono concordi nell'affermare che, finchè furono in vita il filosofo Seneca, destinato da Agrippina a fare da precettore per il figlio e poi divenuto consigliere, ed Afranio Burro, il prefetto del pretorio, il governo di Nerone si rivelò illuminato e positivo per Roma. Sulla seconda parte di regno, cioè dall'anno 62 circa fino alla morte, anni che gli storici antichi bollano come colmi della follia e della crudeltà immane dell'imperatore, oggi si tende a compiere qualche rivalutazione, anche a partire dal fatto che sappiamo che Tacito tende a dividere gli imperatori in "buoni" e "cattivi" a seconda del loro atteggiamento nei confronti del suo amato senato. 

L’ottima influenza esercitata sul giovane Nerone da Seneca e da Burro durarono un quinquennio. Sempre lo storico Tacito cita come apprezzabili iniziative del nuovo imperatore il decreto sumptuario inteso a limitare le spese per il lusso, l'azione compiuta contro il potere dei questori dell'erario a favore dei cittadini meno abbienti, il divieto per i soldati di assistere agli spettacoli, le elargizioni in denaro al popolo, l'aiuto finanziario concesso ai senatori in difficoltà economiche e così via. Soprattutto fu salutato con entusiasmo il ripristino di certe libertà repubblicane che erano appannaggio del senato. Seneca, che guidava ogni decisione del principe, riteneva che la recuperata autorità della curia, con il conseguente ammorbidimento dell'assolutismo imperiale, costituisse la prova migliore del rinnovamento politico e amministrativo. 

    Nerone, che promosse una serie di riforme di certo non gradite all'ambiente senatorio conservatore - qualche storico giunge a definire il princeps "progressista", per lo spirito che animava i suoi progetti politici - non poteva chiaramente essere un personaggio gradito al grande storico. Nel 62 d.C., alla morte di Burro - forse avvelenato, e subito rimpiazzato dallo spietato Tigellino -, Nerone si ritrova libero da tutele e provvede a disfarsi della madre Agrippina, negli intrighi della quale vedeva l'ostacolo principale allo sfogo del suo sfrenato desiderio di potere. Non è chiaro affatto che parte avesse avuto Seneca in questo episodio: Tacito in un passo memorabile insinua che il filosofo non mosse un dito per impedire il misfatto atroce, convinto che Agrippina fosse davvero impegnata a togliere di mezzo suo figlio Nerone.  Spettacolare, ancora una volta, la ricostruzione ad opera di Tacito del diabolico progetto ( poi fallito ) di Nerone per far annegare Agrippina in un naufragio simulato. Infine fece anche allontanare il filosofo Seneca.    

     Spinto da un amore (malsano, secondo il pensiero sia di Tacito che di Svetonio) per le arti ed il teatro, Nerone finì per occuparsi sempre di meno del governo. Proprio a questo imperatore si dovette l'avvio di un procedimento di svalutazione della moneta per sanare l'economia e coprire le enormi spese di corte - non da ultimo l'edificazione della fantasmagorica e ricchissima Domus Aurea come residenza imperiale -, pratica che ebbe tuttavia disastrosi effetti sul futuro dell'economia romana. Nel 64 a.C., in seguito ad un devastante incendio che ridusse in cenere gran parte dei quartieri ( la maggior parte delle case erano in legno ) dell'Urbe, Nerone approfittò per accusare dell'accaduto i Cristiani ed iniziare i colossali lavori di costruzione per la sua nuova dimora. 

    La questione dell'incendio di Roma, del quale fu sospettato da subito ( ancora una volta la fonte è Tacito ) lo stesso imperatore, è stata a lungo dibattuta dagli storici del Cristianesimo primitivo. Tra il 65 ed il 66 d.C. Venne ordita a Roma una congiura guidata da Pisone, in seguito alla cui scoperta anche Seneca, sospettato di avervi fatto parte, venne costretto al suicidio. Fra le vittime illustri della repressione neroniana di questi anni spiccano le figure, descritte mirabilmente dalla penna di Tacito, di Petronio, di Seneca ed infine della coraggiosa liberta Epicari, che sopportò dapprima la tortura ed infine si strangolò con una fascia pur di non rivelare i nomi dei congiurati. 

    Nel frattempo i generali di Nerone ottenevano importanti successi contro i barbari: Corbulone contro i Parti in Armenia, Svetonio Paolino contro Budicca che aveva guidato una rivolta in Britannia ed infine Vespasiano che represse nel sangue l'ennesima rivolta in Giudea nel 66 d.C.. Nel 68 d.C. la guardia pretoriana, la Gallia e la Spagna insorsero contemporaneamente contro Nerone, acclamando Galba. Il senato, approfittando del risentimento popolare e della posizione di debolezza dell'imperatore, dichiarò Nerone hostis publicus. Il princeps, ormai disperato, prima si diede alla fuga e poi, disperato, si diede la morte gettandosi sulla spada che gli porgeva un liberto.

 

L'anno dei quattro imperatori

  Con la morte di Nerone, si apre per Roma il cosiddetto "anno dei quattro imperatori", costellato di un continuo succedersi al trono di effimere figure, finchè il potere finì saldamente nelle mani di Vespasiano. Nel giugno del 68 d.C. il senato nomina imperatore Sulpicio Galba, che volle immediatamente introdurre la successione per adozione, scegliendo come proprio successore Pisone Liciniano. Tuttavia Otone, cui sarebbe spettato il posto di successore secondo le promesse fattegli dal neoeletto imperatore, fece assassinare Galba e nel gennaio del 69 d.C. venne proclamato imperatore. Le legioni di stanza in Germania, però, avevano scelto come imperatore Aulo Vitellio. Nell'aprile del 69 d.C. a Bedriaco - i fatti sono raccontati fra gli altri da Svetonio - Vitellio sconfisse il rivale Galba e venne proclamato imperatore. Nel dicembre del 69 d.C. Vespasiano e le legioni orientali che lo acclamavano come imperatore annientarono le truppe di Vitellio a Cremona.

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