Busto di Nerone
Il 62 fu l’anno che vide un radicale cambiamento della politica dell’imperatore : prima di tutto morì il prefetto del pretorio Afranio Burro, fedele e moderato consigliere del princeps; Seneca inizia il suo secessus, cioè il definitivo ritiro dalla vita politica, disgustato o forse intimorito dalla crudeltà via via crescente e sempre più manifesta di Nerone; lo stesso anno l’imperatore ripudia la moglie Ottavia e sposa Poppea.
Da questo momento la politica di Nerone, ormai libero da qualsiasi vincolo , ostacolo o consigliere, subisce una brusca svolta in senso teocratico orientalizzante : il primo effetto fu la definitiva rottura con il Senato, che era composto per lo più da membri di influsso stoico, ma i risultati non tardarono a sentirsi anche nei confronti dei Cristiani, che non a caso sono accomunati nelle persecuzioni di questo periodo agli Stoici, di cui condividevano l’avversione per il sovrano divinizzato.
E’ in questo clima che si colloca la prima persecuzione contro i Cristiani, avvenuta nel 64, pochi mesi dopo il devastante incendio che distrusse quasi interamente la capitale. Tacito (Annales XV, 44) è l’unico storico antico a collegare direttamente l’incendio con la persecuzione, poiché riteneva che l’imperatore avesse tentato di porre fine al crescente “rumor” che lo dipingeva come crudele piromane attribuendo l’intera responsabilità agli incolpevoli Cristiani, favorito dalla ostilità popolare nei confronti di questi ultimi, colpevoli - a detta del popolino - di aver costumi morali eccessivamente severi e castigati.
Svetonio, tuttavia, non collega direttamente l’incendio, descritto in Nero 38, agli “instituta” , cioè i provvedimenti persecutori contro i Cristiani, e afferma (Nero 16, 2) : “Afflicti suppliciis Christiani, genus hominum superstitionis novae et maleficae” . Lo storico accusa esplicitamente i Cristiani di praticare una “superstitio” e conferma, dunque, l’esistenza e la validità del senatoconsulto del 35, ma si rifiuta di pensare che l’imperatore avesse dato fuoco alla città per attuare un ambizioso piano di monumentale ricostruzione (non da ultimo l’inserimento della stupenda Domus Aurea), come invece suggerisce Tacito, che raffigura Nerone, pazzo, che osservando dalle finestre del palazzo l’incendio, canta la distruzione di Troia (Annales, XV, 38 e 39).
Gli storici cristiani sono tutti concordi (Tertulliano, Lattanzio, Orosio, Gerolamo, Rufino) nell’affermare che Nerone fu in effetti il primo persecutore e Tertulliano dichiara nell’Apologeticum che l’imperatore fu “dedicator damnationis nostrae”. L’epiteto di dedicator è di fondamentale importanza per giustificare ancora una volta l’esistenza dell’atto del 35, in quanto Nerone non creò una legislazione specifica per muovere accuse ai Cristiani, ma si limitò a mettere in atto - è questo il preciso significato della parola - una disposizione già in vigore, ma fino a quel momento mai applicata.
Gli autori cristiani, inoltre, si soffermano in modo particolare sugli effetti suscitati tra i Romani dalla comparsa di questa religio nova e parlano pochissimo dell’incendio, non collegandolo alla persecuzione.
Anche Tacito, che pure ritiene innocenti i Cristiani dall’accusa di incendio, attribuisce loro alcune infamanti accuse (exitiabilis superstitio ed odio per il genere umano), che circolavano tanto tra la plebe quanto tra gli intellettuali del suo tempo : “quos per flagitia invisos Chrestianos vulgus appellabat”. Tuttavia, non esita a scagionarli da ogni accusa che fu loro rivolta da Nerone ed arriva a provare se non compassione almeno disgusto per le orrende torture cui vennero sottoposti.
Resta da chiedersi per quale motivo Nerone trasformò il Cristianesimo in superstitio illicita, rompendo l’idillio almeno apparente che durava dall’impero di Tiberio, facendo applicare - o creando, secondo altri storici - quello che fu poi definito Institutum Neronianum (Tert. Ad Nat. I).
Lo storico Tacito afferma che la gente odia i Cristiani per i loro delitti (flagitia), mentre Svetonio ricerca la causa dell’odio nella superstitio malefica invisa alla plebe : entrambi sembrano dare conferma alle parole di Pietro che aveva detto : “Vi calunniano come operatori di cose malvagie”.
E’ lo stesso Tacito a chiarire cosa significhi il termine ambiguo flagitia : i Cristiani erano accusati di infanticidio (derivato da un fraintendimento del rito dell’Eucarestia), d’incesto (poiché si chiamavano tutti “fratelli” e “sorelle”), di odio per il genere umano (Tacito Historiae V, 5 : adversus omnes alios hostile odium ), di rifiuto del culto imperiale e dell’assunzione delle cariche pubbliche (Tacito in Annales 16, 28, parlando del processo a Trasea stoico, lo chiama “bonis publicis maestum”, ma l’accusa si poteva benissimo applicare anche nei confronti dei Cristiani), di ritiro dalla vita politica (inertia), di tradimento delle coerimoniae maiorum e di tristitiae e di maestitia, accuse anche queste comuni ai filosofi stoici.
La svolta teocratica di Nerone, dunque, andò immediatamente a colpire le persone più sensibili al potere dispotico orientaleggiante ed alla divinizzazione dell’imperatore : la prima vittima fu Paolo, che fu arrestato nuovamente poco prima che si scatenasse l’incendio e che, al termine del processo, sarebbe stato giustiziato.
Il 68/69, il cosiddetto “anno dei quattro imperatori”, assieme alla morte di Nerone vide l’estinguersi delle persecuzioni contro i Cristiani.