Cristianesimo primitivo e Paideia greca

 

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CRISTIANESIMO E LETTERATURA GRECA

    Il Cristianesimo fu, da principio, un prodotto della vita religiosa dell’Ebraismo tardo. Scoperte recenti, come quella dei cosiddetti “Rotoli del Mar Morto”, gettano una luce nuova su quel periodo della religione ebraica. Si sono così potuti stabilire dei parallelismi fra la pietà ascetica della setta religiosa che viveva a quel tempo sulle rive del Mar Morto ed il messaggio messianico di Gesù. Si è colpiti, però, soprattutto dalla grande differenza : il kh@rugma di Cristo non si arrestò al Mar Morto o ai margini della Giudea, ma superò il suo isolamento geografico penetrando nel mondo circostante, che era il mondo dominato dalla cultura e dalla lingua greca. Questo processo di cristianizzazione del mondo di lingua greca, tuttavia, non fu certo unilaterale, perché allo stesso tempo esso significò l’ellenizzazione della religione cristiana.

Al tempo degli apostoli troviamo una prima fase di ellenismo cristiano nell’uso della lingua greca che osserviamo negli scritti del Nuovo Testamento. Esso si prolunga nel tempo successivo alla predicazione degli Apostoli, nell’età dei cosiddetti Padri apostolici. Questo è dunque il significato originario del termine éellenismo@v : questo sostantivo, derivato dal verbo éelleni@zw (parlo greco), indicava l’uso corretto della lingua greca ed in questo senso sembra essere stato utilizzato per la prima volta dai maestri di retorica ; Teofrasto, ad esempio, che, come il suo maestro Aristotele, rese la retorica una parte del suo insegnamento al  Liceo di Atene, dava grandissima importanza a quelle sue cinque parti che chiamò “virtù del dire” : di esse la prima e la più importante era lèellenismo@v, cioè l’uso grammaticalmente corretto della lingua greca. Questa esigenza era tipica di un tempo in cui - la Grecia del IV secolo - stranieri di ogni strato sociale erano divenuti così numerosi da esercitare un’influenza deteriorante non solamente sulla lingua parlata ma anche su quella letteraria degli stessi Greci. E’ evidente, dunque, che èellenismo@v originariamente non significò l’adozione di un modo di vivere o di maniere greche, senso che assunse inevitabilmente più tardi, specialmente fuori dall’Ellade, ma solo della corretta lingua greca. L’aspetto linguistico del problema è tutt’altro che irrilevante : assieme alla lingua penetrò nel pensiero cristiano tutto un mondo di concetti, categorie di pensiero, metafore e sfumature sottili di significato proprie di quella cultura.

Il fatto che la prima generazione di Cristiani assorbì immediatamente la cultura greca trova spiegazione se si pensa che il Cristianesimo era un movimento giudaico ed i Giudei erano ellenizzati al tempo di Paolo non solo nella Diaspora, ma anche nella stessa Palestina (questo era vero soprattutto per l’aristocrazia e la classe colta degli Ebrei, perché, come fa notare anche Flavio Giuseppe, la gran massa del popolo giudaico era meno portata di altri popoli ad apprendere le lingue straniere). Fu proprio a questa parte ellenizzata del popolo giudaico che si rivolsero i primi missionari cristiani.

Fu quel gruppo di apostoli della comunità di Gerusalemme, che negli Atti vengono chiamati èEllenistai#, a spargersi per tutta la Palestina ed a dare inizio alle attività missionarie, dopo il martirio del loro capo Stefano. La parola èellenistai# compare sempre in opposizione a “Ebrei”, ma non significa “Greci”, perché designa piuttosto il gruppo dei parlanti greco fra gli Ebrei e poi all’interno della primitiva comunità cristiana.

Il nome della nuova setta, Cristiani, nacque nella città greca di Antiochia, dove questi Giudei ellenizzati ebbero il primo grande campo d’azione per la loro opera missionaria. La lingua greca era parlata in tutte le sinagoghe sparse attorno al bacino del Mediterraneo, come appare evidente nel caso di Filone Alessandrino, che non scrive nel suo greco letterario per un pubblico di gentili, ma proprio per i suoi correligionari Giudei provvisti di un’educazione elevata.

E’ di fondamentale importanza comprendere che non si sarebbe mai formato un largo seguito di proseliti fra i pagani se questi ultimi non fossero stati - come invece furono - in grado di capire la lingua parlata nelle sinagoghe della Diaspora : tutta l’attività missionaria di Paolo è basata su questo fatto. Le sue discussioni con i Giudei, ai quali si rivolgeva durante i suoi viaggi, erano sostenute in lingua greca, con tutte le sottigliezze della logica greca ed entrambe le parti citavano l’Antico Testamento non dall’originale ebraico, ma dalla traduzione greca dei Settanta.

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