Con l’introduzione dell’esercito di mestiere, voluto espressamente da Mario, le armi, che nei primi secoli della repubblica erano a carico dei singoli cittadini-soldati, vennero fornite dallo stato. Ogni legionario riceveva infatti una spada e un giavellotto, uno scudo, un elmo di bronzo o di ferro ed infine una corazza per la protezione del corpo; tale equipaggiamento, concepito dopo le numerosissime esperienze di combattimento contro i più disparati nemici di Roma, era particolarmente adatto alle caratteristiche tattiche dei manipoli della legione. Il pilum equipaggiava i primi due ranghi dei manipoli. Era un’arma di concezione tipicamente romana - anche se la sua introduzione si deve proprio all'esperienza maturata combattendo i Sanniti nelle paludi - che consisteva in un’asta di legno lunga circa 130 centimetri su cui si innestava una parte di ferro, di circa 70 centimetri, che terminava con una punta a doppio arpione. I legionari disponevano comunemente di due pila, uno dei quali era munito di un peso collocato all’inizio della parte metallica.
Al momento dello scontro, la pioggia dei pila doveva piegare l’impeto iniziale degli avversari. Quando un pilum pesante andava a conficcarsi in uno scudo, ne rendeva praticamente impossibile l’uso perché, a causa della forma espressamente ideata delle sue punte, era molto difficile estrarlo; quindi, anche se non trapassava un nemico, lo privava tuttavia della sua difesa, lasciandolo alla mercé dei lanci successivi. Nel III secolo a.C., i Romani vennero in contatto con gli Iberici e ne apprezzarono particolarmente le spade, tanto da adottarne l’uso nelle legioni. La spada spagnola (detta gladius hispaniensis) era un’arma lunga circa 60 centimetri e veniva forgiata in un acciaio ritenuto migliore di quello italico; aveva una lama a forma di foglia, che si allargava leggermente verso la punta e risultava estremamente maneggevole nello scontro ravvicinato, perché poteva essere usata sia di taglio che di punta. Era sicuramente l’arma più importante dell’equipaggiamento del legionario che, scagliati i suoi pila, la usava quindi nello scontro corpo a corpo.
Al tempo delle Guerre Puniche, le corazze dei soldati romani erano di due tipi: chi si pagava da solo l’equipaggiamento poteva anche permettersi la casacca di maglia di ferro lunga fino alla coscia, che era dotata di due spallacci anch’essi metallici; se invece l’equipaggiamento era fornito dallo stato, la corazza si riduceva a due placche quadrate di bronzo, di circa 30 centimetri di lato, fissate al petto e alla schiena da corregge di cuoio. Possiamo ipotizzare che fra gli hastati prevalesse la corazza di tipo economico e fra i triarii, più anziani e spesso più ricchi, quella più costosa; tra i principes probabilmente erano diffusi entrambi i tipi.
In base ai ritrovamenti archeologici ed alle rappresentazioni monumentali, possiamo desumere che gli elmi dei legionari fossero distinti sostanzialmente in tre tipi. Probabilmente di origine celtica, il cosiddetto elmo montefortino - da Monteforte, la località del primo ritrovamento - era a forma conica ed era dotato di paranuca e guanciali; poiché, però, era poco costoso, si pensa dovesse essere molto diffuso soprattutto tra i soldati più poveri. L’elmo di tipo attico o ellenistico, che era in dotazione soprattutto ai cavalieri, era arrotondato e munito di guanciali e di visiera. C’era infine l’elmo di tipo etrusco-corinzio, una forma corrotta dell’elmo greco di età classica, che invece di scendere a coprire la faccia veniva portato come una sorta di cappello; era il più costoso e veniva usato soprattutto dagli ufficiali. Tutti gli elmi romani erano sormontati inoltre da pennacchi di vario colore e spesso da lunghe piume, un’abitudine tipicamente italica.
I Romani erano soliti impiegare un grande scudo di legno di origine celtica, lo scutum; di forma ovale e con una convessità lungo l’asse maggiore, le sue dimensioni toccavano i 120 centimetri di altezza per 80 di larghezza. Un rinforzo a spina di legno ne percorreva l'intera lunghezza, mentre un altro, metallico, copriva al centro l'impugnatura a una sola mano. Si ipotizza che anche i bordi inferiori e superiori fossero muniti di guarnizioni di metallo per sopportare i colpi di taglio. Gli scudi romani non avevano decorazioni, ma erano dipinti con colori vivaci: rosso, verde o giallo ocra. Durante gli assedi, con gli scudi tenuti alti sopra la testa per proteggersi dai proiettili scagliati dalle mura e gli scudi bassi per difendersi i fianchi, i soldati si disponevano secondo la celeberrima testudo (testuggine), una formazione ritenuta impenetrabile.