L'attività letteraria di Cicerone

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La poesia e la traduzione

    Il debutto dell’attività letteraria di Cicerone fu in poesia, con la composizione di poemetti mitologici di tipo didascalico e di gusto neoterico alessandrineggiante. Di questa prima produzione non ci sono sopravvissuti che esigui frammenti ed alcuni titoli (Glaucus, Limon, Nilus, Alcyones, Uxorius, Talamasta). Cicerone non nomina nessuno di questi testi, come fa invece per la traduzione da Arato di Soli e per le successive opere in versi: evidentemente tali opere - passata l'infatuazione giovanile - dovettero riuscirgli sgradite. 

    Gli Aratea furono composti in due tempi: probabilmente intorno all’80 risale la traduzione dei Fenomeni di Arato; forse al 60 quella dei Pronostica dello stesso autore. Rimangono ampi estratti di questa traduzione in esametri. E' importante sottolineare che Cicerone fu con ogni probabilità il primo ad esporre una teoria della traduzione (poi ripresa da altri, e specialmente da Girolamo): per il nostro si trattava restituire non verba sed vim,  ovvero non tanto le parole quanto l'intensità del testo originale. Nei frammenti superstiti della versione del poema di Arato avvertiamo la liberà che egli si prendeva di amplificare e di arricchire con il belletto della retorica (in cui già eccelleva) il testo greco, a costo di travisare talora il significato delle parti specificatamente scientifiche o tecniche. In seguito agli Aratea, Cicerone si dedicò alla composizione di poemi epici, il Marius, una celebrazione del campione dei populares, proveniente dalla comune patria Arpino, il De consulatu meo, il De temporibus meis. Oltre agli Aratea, Cicerone tradusse diverse opere di autori greci: citiamo ad esempio l’orazione Sulla corona di Demostene, l’orazione Contro Ctesifonte di Eschine, l’Economico di Senofonte, il Protagora e il Timeo di Platone (quest’ultima ci  giunta anche se in forma frammentaria). A parte la perdita di numerose orazioni, vanno aggiunti altri testi, sia in versi che in prosa, dei quali conosciamo solo il titolo, come Admiranda, De consiliis suis, Laus Catonis, Laudatio Porciae ed altri ancora. 

    Da diversi accenni emerge con evidenza il ruolo di assoluto rilievo che Cicerone ha assegnato alla poesia, per esempio dall’elogio del poeta Archia ("protagonista" dell'orazione Pro Archia, scritta in sua difesa) e dai diversi riferimenti al poeta nazionale romano per eccellenza, Ennio. Inoltre, gli stessi suoi legami con il circolo degli Scipioni sono la prova di un’adesione di principio alla sensibilità della cultura greca. L’opposizione ai modi della poesia dei poetae novi (i cosiddetti neòteroi), che Cicerone considerò sempre con disprezzo, si potrebbe spiegare maggiormente in base a motivazioni di stampo politico più che artistico o culturale: Cicerone, infatti, combatteva in prima persona contro la superficialità ed il disimpegno di poeti come Catullo. Comunque, le espressioni usate contro i neòteroi non sono per nulla benevole, come quando, dopo aver detto di Ennio, aggiunge (Tusculanae disputationes III, 45): 

o poetam egregium! Quamquam ab his cantoribus Euphorionis contemnitur, 

“che grande poeta! Anche se è disprezzato da questi imitatori di Euforione”: al poeta greco Euforione, vissuto nel III secolo a.C., si ispirarono i poeti ai quali si rivolge Cicerone.

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