Marco Valerio Marziale nacque nel 39 o nel 40 d.C. nella cittadina spagnola di Bilbilis. In patria intraprese i primi studi di grammatica e di retorica, ma si stabilì successivamente a Roma, intorno al 64. Tuttavia sappiamo che il rimpianto di Bilbilis non lo abbandonò mai, come risulta evidente da numerosi epigrammi. Nella capitale trovò degli amici molto influenti: Seneca, Lucano ( che erano inoltre spagnoli come lui ), i Pisoni, tutti destinati a morire con la scoperta della congiura contro Nerone ( 65 ). Senza il loro appoggio Marziale non ebbe senz’altro una vita facile, costretto com'era a dipendere dalla protezione e dalla generosità di personaggi facoltosi. Il poeta, a giudicare dalle testimonianze contenute in diversi componimenti, si sarebbe trovato nella condizione di cliens, anche se alcuni ritengono che il suo stato non dovesse essere poi così disgraziato, dal momento che ebbe a possedere un podere vicino Roma ed una abitazione sul Quirinale. Nell'80, quando Tito si trovò ad inaugurare l'Anfiteatro Flavio, Marziale scrisse per l'occasione il suo Liber de Spectaculis, che consisteva in una raccolta di epigrammi in cui si celebrava l’apertura della manifestazione e si descrivevano i giochi organizzati dal principe.
La notorietà del poeta aveva fatto progressi e l’imperatore gli concesse diversi privilegi, prima il ius trium liberorum ( cioè la concessione di speciali benefici spettanti inizialmente solo a chi aveva tre figli ), infine la nomina a tribuno militare. Nell’84, in coincidenza con la festa dei Saturnali, compose altre due raccolte, gli Xenia, “Doni per gli ospiti” e gli Apophoreta, “Doni da portar via”: si trattava di componimenti d’occasione, che accompagnavano i doni da inviare agli amici e quelli che il padrone di casa faceva ai suoi invitati. Marziale conobbe e frequentò persone legate alla corte del principe, letterati famosi, come Silio Italico, Frontino, Quintiliano, Giovenale, Plinio il Giovane; il fatto, tuttavia, che non abbia mai nominato Stazio, che pure frequentava le stesse persone, ha fatto avanzare l'ipotesi che fra i due ci fosse una certa rivalità. In effetti, ci sono componimenti che esprimono un’intenzionalità polemica nei riguardi della poesia epica.
Alcuni epigrammi rivelano una certa adulazione nei confronti di Domiziano: il fatto è stato addebitato in senso negativo a Marziale, visto che non si faceva scrupolo di ottenere la protezione e benefici economici da un principe notoriamente poco amato. Tuttavia questo atteggiamento è ben comprensibile se solo si tiene conto che le condizioni del poeta, nonostante la buona fama conseguita, continuarono a rimanere sempre piuttosto precarie, tanto che nel 98 Plinio il Giovane dovette pagargli le spese per il viaggio di rientro in patria. A partire dall’85-86, Marziale compose altri libri di epigrammi, dodici complessivamente ( per un totale di circa uno ogni anno ). Nell’87 soggiornò per un breve periodo ad Imola ( Forum Cornelii ), poi tornò a Roma, dove continuò ad essere afflitto dai consueti problemi economici. Inoltre, i nuovi principi, prima Nerva, poi Traiano, non si dimostrarono particolarmente inclini a sostenere il poeta, forse in ragione del fatto che Marziale, per salvarsi economicamente, si era macchiato di un'eccessiva familiarità con Domiziano, che aveva subito, dopo la morte, una damnatio memoriae da parte dei suoi successori. Marziale decise di tornare a Bilbilis ( dove poi si spense nel 104 ), rimpiangendo alle volte Roma, con tutti i suoi rumori e la sua folla variegata. Sappiamo infatti del suo rimpianto per l'Urbe dalla dedica del XII libro degli Epigrammata, dove si rivolge ad un amico con queste parole: ad summam omnium illa quae delicati reliquimus desideramus quasi destituti, “in conclusione, rimpiango come se ne fossi stato privato tutto quello che ho lasciato, facendo il difficile”.
In una lettera di Plinio il Giovane ( III, 21 ) troviamo una commemorazione del poeta defunto: “Sento dire della morte di Marziale e ne sono molto dispiaciuto. Era un uomo intelligente, acuto, vivace ( ingeniosus, acutus, acer ), che scriveva con molta arguzia e malizia, ma anche con sincerità. Gli avevo dato il necessario per il viaggio ( viaticum ) quando era ripartito per la sua patria: l’ho fatto per l’amicizia, e anche per i brevi versi che aveva scritto per me [...] Marziale mi ha dato tutto quello che ha potuto; se avesse potuto, mi avrebbe dato anche di più. E poi, che cosa di più della gloria, della lode, dell’immortalità si può dare ad un uomo? [...] Forse non dureranno le cose che ha scritto, ma l’ha fatto come se dovessero durare per sempre”.