Milano capitale dell'Impero

La basilica di S. Lorenzo

Ambrogio e poi Il declino

    Dopo l’editto di Costantino, cominciarono a sorgere le prime basiliche, come Santa Tecla o Basilica Maggiore, che sorgeva dove oggi c’è il sagrato del Duomo. Gli scavi della metropolitana hanno rimesso in luce i resti del battistero paleocristiano congiunto a Santa Tecla, probabilmente il primo esempio di battistero ottagonale  nel mondo cristiano, visitabile sotto i gradini del sagrato.

Ma la basilica che oggi ci tramanda, almeno in parte, la struttura originaria della basilica paleocristiana è San Lorenzo, esistente già ai tempi dell’imperatore Teodosio (IV secolo d.C.). Essa era “basilica palatina”, cioè la basilica di corte. Dopo molti incendi, poco ci rimane dei mosaici, simili a quelli di Ravenna e Costantinopoli, che la decoravano. Sul lato anteriore della basilica è ancora presente oggi il porticato con sedici colonne. Appartenute a non si sa quale tempio o palazzo tardoromano del II secolo d.C., furono rimesse in piedi per servire da cornice alla basilica paleocristiana retrostante nel IV secolo. La basilica fu tutta costruita con i marmi di edifici romani circostanti: di paleocristiano conserva le mura esterne e tre delle quattro torri. Durante il regno di Teodosio, poi,  si ebbe la monumentalizzazione dell’attuale corso di Porta Romana, dove un imponente portico univa la porta della città ad un arco di trionfo.

Fu però Ambrogio, nobile, ricco e germanico, a dare a Milano il suo ultimo periodo di splendore. Funzionario imperiale, venne proclamato vescovo di Milano proprio quando la città non riusciva a decidere il nome di chi dovesse essere eletto. Ambrogio, che allora non era nemmeno battezzato, ricevette i sacramenti necessari in pochi giorni ed il 7 dicembre (oggi festa patronale della città) venne consacrato vescovo.

Abilissimo politico, seppe fondere in sé autorità politica e religiosa, tenne testa all’imperatore Teodosio (il famoso episodio del mercoledì delle Ceneri), regalò le sue ricchezze alla Chiesa, assistette i poveri e rinnovò le liturgie: sua l’introduzione del rito detto poi ambrosiano. Fuori dalle mura di Milano, ai quattro punti cardinali, il vescovo Ambrogio fece costruire quattro basiliche, quella dei Martiri (sorta su un’area cimiteriale cosparsa di sacelli e di chiese), San Dionigi (oggi scomparsa), San Nazaro (già Basilica degli Apostoli, edificata nel 382) e San Simpliciano (dedicata poi al mite successore di Ambrogio ).

La basilica di S. Ambrogio

    Ambrogio morì nel 397 e venne sepolto nella Basilica dei Martiri, che da lui prese il nome di Sant’Ambrogio. Dopo di lui Milano entrò nel periodo più buio della sua storia. Ambrogio invece resterà nei secoli il simbolo di Milano, della sua grandezza civile e politica e rappresenterà il momento più alto della città, ultimo momento di fulgore prima del suo declino.

    I barbari spingevano ai confini dell’Impero ormai in crisi, per ricercare nuove terre: quattro anni dopo la  morte di Ambrogio Milano si salvò, per l’intervento di Stilicone, ultimo grande generale dell’impero romano, dall’incursione dei Visigoti di Alarico, grazie a due importanti vittorie a Pollenzo e a Verona.

Nel 402 d.C., per sottrarsi proprio alle minacce dei barbari, l’imperatore Onorio, figlio di Teodosio, trasferì la capitale dell’impero da Milano a Ravenna. Le conseguenze inevitabili di questa decisione furono la lenta ma progressiva morte della città, in cui non fervevano più i commerci, non si costruivano più case né palazzi, e in cui i monumenti, simbolo dell’antico splendore, cominciavano a rivelare i segni dell’abbandono. La città si spopola, la plebe diventa sempre più misera, tutti cadono in preda della disperazione.

    Dopo le invasioni ed i saccheggi di Unni, Eruli, Burgundi ed Ostrogoti, dopo il periodo di relativa pace sotto i Bizantini, dopo le dominazioni dei Longobardi e dei Franchi, bisognerà aspettare il nuovo millennio per ritrovare una città tanto grande, viva e bella da indurre Bonvesin da la Riva  (poeta, cronista e buongustaio) a descrivere le meraviglie di Milano in un libro dai toni positivi se non entusiastici, dal titolo, appunto, “De magnalibus Mediolani”.

Andrea Zoia

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BIBLIOGRAFIA