Si formava così, poco distante o addirittura annesso alle mura, un villaggio (detto vicus), molto frequentato dai soldati alla ricerca di osterie e locali di divertimento. Molti soldati finivano addirittura per farsi una famiglia sposando donne del luogo. Il cittadino romano che, per necessità o inclinazione, decideva di dedicarsi alla vita militare sapeva di dover dare allo stato almeno venti anni della propria vita e difficilmente rivedeva Roma. Agli eserciti, infatti, era proibito superare le mura della città e al momento del congedo, quando ai veterani veniva dato un pezzo di terreno da coltivare, spesso preferivano stabilirsi nei luoghi in cui avevano prestato servizio – a questo proposito è interessante leggere l’opinione dello storico Tacito nelle parole del rivoltoso Percennio (Annales, I, 16-17):
XVI [...] Erat in castris Percennius quidam, dux olim theatralium operarum, dein gregarius miles, procax lingua et miscere coetus histrionali studio doctus. Is imperitos animos et quaenam post Augustum militiae condicio ambigentis inpellere paulatim nocturnis conloquiis aut flexo in uesperam die et dilapsis melioribus deterrimum quemque congregare. XVII. Postremo promptis iam et aliis seditionis ministris uelut contionabundus interrogabat cur paucis centurionibus paucioribus tribunis in modum seruorum oboedirent. Quando ausuros exposcere remedia, nisi nouum et nutantem adhuc principem precibus uel armis adirent? satis per tot annos ignauia peccatum, quod tricena aut quadragena stipendia senes et plerique truncato ex uulneribus corpore tolerent. Ne dimissis quidem finem esse militiae, sed apud uexillum tendentis alio uocabulo eosdem labores perferre ac si quis tot casus uita superauerit, trahi adhuc diuersas in terras ubi per nomen agrorum uligines paludum uel inculta montium accipiant.
“Si trovava nell'accampamento un certo Percennio, un tempo a capo delle claques pagate ai teatri, poi soldato semplice, insolente ed esperto nell'istigare rivolte popolari grazie alla sua passione per gli attori. Costui incitava, poco a poco, con discorsi tenuti di notte o sul far della sera, i soldati che erano inesperti e chiedevano quali sarebbero state le condizioni di vita per l'esercito dopo la morte di Augusto e, allontanati i più esperti, radunava tutti i peggiori elementi. Infine, quando furono disponibili anche altri complici per la rivolta, chiedeva loro, col tono di chi si appresta a fare un discorso pubblico, per quale motivo obbedissero come schiavi ai pochi centurioni ed al numero ancor più esiguo di tribuni. Quando avrebbero osato chiedere dei cambiamenti, se non supplicavano o attaccavano in armi l'imperatore ora che si trovava ad essere appena eletto ed ancora indeciso? Avevano sbagliato abbastanza per tanti anni a non fare nulla, dato che sopportavano 30 o 40 anni di servizio militare, vecchi e per lo più con il corpo mutilato dalle ferite. Nemmeno per i congedati aveva termine il servizio militare, anzi dovevano svolgere le medesime fatiche, solo chiamate con un nome diverso, accampandosi come vessillarii. E se qualcuno fosse riuscito a scampare a tutte queste sventure rimanendo ancora in vita, veniva trascinato in diverse regioni, dove i soldati ricevono, col nome di "campi", paludi melmose e montagne senza vegetazione”.
La recluta riceveva una somma sufficiente a coprire le spese di viaggio fino alla località in cui la legione era stanziata e all’arrivo prestava un giuramento, che rinnovava ogni anno. Al campo i nuovi soldati venivano addestrati a maneggiare le armi, ad allestire il campo e a marciare con tutto il loro armamento individuale, con i viveri per alcuni giorni (si trattava sostanzialmente di razioni di frumento in grani da macinare di volta in volta) e persino il materiale per accamparsi: era un peso di 30-40 chili. Se non c’era una campagna in corso, i legionari conducevano nel campo una tranquilla e monotona vita di guarnigione; terminati l’addestramento e i turni di guardia potevano poi scendere al villaggio o passare il tempo libero alle terme dove trovavano svaghi, bagni e palestre.
Tra i militari, specie in età imperiale, era diffuso il mitrismo, il culto orientale del dio Mitra che esaltava il coraggio e la forza fisica. I riti si svolgevano in una grotta o in un tempio sotterraneo, detto mithraeum (a questo proposito è interessantissima la cripta della chiesa di San Clemente a Roma, che conserva – accanto ad un affresco che riporta incisa una delle prime testimonianze del volgare italiano – un piccolo mitreo). All’atto del congedo i legionari, ormai prossimi alla cinquantina, potevano scegliere tra un premio in denaro o un pezzo di terra.