Sogni ed oracoli: un ponte tra uomo e divinità

    Un capitolo importante sul senso del divino e sulle possibilità dell’agire umano è aperto da oracoli e sogni, che sono il canale preferito che il dio sceglie per comunicare con i mortali. Questi ultimi faticano talora a comprenderne le parole, a causa della voluta ambiguità. Il drammatico esito è il travisamento delle parole della divinità – che risultano così completamente inutili e fuorvianti. A volte, l’effetto che producono questi ammonimenti mal compresi è proprio quello di muovere i mortali verso il loro (tragico) destino già tracciato: solo quando infine gli uomini giungono a realizzare il contenuto del presagio il suo senso si schiude e diventa chiaro. Ma è troppo tardi, perché tutto è già compiuto. Un ottimo esempio a questo riguardo è il responso dell’oracolo di Delfi a Creso, che chiede quale esito avrà il suo attacco all’impero dei Persiani: il dio risponde che egli, così facendo, avrebbe distrutto un grande impero – celando alla comprensione del mortale che l’”impero” in questione sarebbe stato proprio il suo. Infine la trama del destino si dipana e Creso, catturato da Ciro e tramortito dalla propria sventura, manda alcuni Lidi a Delfi per chiedere se gli dei non si vergognino di predire ad un uomo l’opposto del suo vero destino. Allora il dio rivela il vero significato del responso dato in precedenza e – rimproverando Creso di non essersi informato su quale impero sarebbe stato distrutto dalla guerra (il suo o quello di Ciro) – gli svela anche che questa punizione è quella che gli spetta perché un suo antenato (Gige, cfr. I, 8 -13) aveva ucciso il proprio sovrano a tradimento con la complicità della regina per diventare a sua volta signore dei Lidi. Neppure un dio, conclude l’oracolo di Delfi, può sfuggire alla volontà del fato (I, 53; I, 90 e 91). E Creso, udita la risposta dell’Oracolo alle sue accuse di mortale che nulla ha compreso dei segni che pure la divinità gli aveva mostrato, riconosce infine che la colpa è propria e non del dio.

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