Le decorazioni degli interni

Le splendide decorazioni delle volte della Domus Aurea, purtroppo frammentarie

    Di tutti gli arredi e di tutte le decorazioni interne della Domus Aurea resta solo il ricordo tramandato dagli scritti degli antichi: come abbiamo già accennato, infatti, Traiano, prima di trasformare il Padiglione nel basamento delle sue Terme, fece rimuovere marmi e materiali preziosi. Una parziale ricostruzione, tuttavia, è resa possibile grazie alle impronte lasciate nella malta dalle lastre di marmo rimosse. Possiamo allora immaginare la policromia dell'apparato decorativo, i marmi rossi che si alternavano ai porfidi puntinati, ai marmi gialli e verdi, rosa e bianchi, utilizzati non solo sulle pareti ma anche per rivestire i pavimenti.

Accanto ai rivestimenti marmorei si mostravano nella loro magnificenza gli affreschi che ricoprivano pareti e volte di sale e corridoi. La fama degli stucchi e delle pitture della Domus Aurea resta legata al nome di Fabullo (citato negli scritti di Plinio anche come Famulus o Amulius), l'artista ricordato da Plinio il Vecchio per il suo stile severo, che faceva cioè uso di colori quali il cinabro, l'azzurro, il rosso scuro, l'indaco, il verde, e per la mania di dipingere in toga anche sulle impalcature di cantiere (Nat. Hist. XXXV, 37):

XXXV. ... Fuit et nuper grauis ac seuerus idomque floridus ac umidus pictor Famulus. Huius erat Minerua spectantem spectans, quacumque aspiceretur. Paucis diei horis pingebat, id quoque cum grauitate, quod semper togatus, quamquam in machinis. Carcer eius artis domus aurea fuit, et ideo non extant exempla alia magnopere.

Lo scrittore latino definisce l'artista degli interni della Domus Aurea "grave e severo ed al tempo stesso florido ed umido": con buona probabilità Plinio riferisce i primi due aggettivi al modo di dipingere "aristocratico" di Fabullo (semper togatus), mentre gli ultimi due forse alludono alla tecnica pittorica; Plinio, infatti, distingue i colori fra austeri e floridi (Nat. Hist. XXXV):   

XII. Sunt autem colores austeri aut floridi. Vtrumque natura aut mixtura euenit. Floridi sunt - quos dominus pingenti praestat - minium, Armenium, cinnabaris, chrysocolla, Indicum, purpurissum; ceteri austeri. Ex omnibus alii nascuntur, alii fiunt. Nascuntur Sinopis, rubrica, Paraetonium, Melinum, Eretria, auripigmentum; ceteri finguntur, primumque quos in metallis diximus, praeterea e uilioribus ochra, cerussa, usta, sandaraca, sandyx, Syricum, atramentum.

Sono floridi - ed il committente li praestat, cioè li fornisce a proprie spese, al pittore - il minio, l'Armenium, il Cinnabaris, l'indaco, la crisocolla, l'indaco ed il purpurissum; tutti gli altri austeri. E precisa in un altro passo (Nat. Hist. XXXV) che fra tutti i colori che vengono forniti al pittore dal committente è il purpurissum ad avere il prezzo più elevato:

XXVI. E reliquis coloribus, quos a dominis dari diximus propter magnitudinem pretii, ante omnes est purpurissum.

Riassumendo, potremmo dire che il termine "florido" sintetizzerebbe la ricca scelta  di colori utilizzata da Fabullo: rosso, azzurro, rosso scuro, verde, indaco e porpora. Il secondo termine, "umido", invece, potrebbe riferirsi alla pastosità od alla tecnica fluida nello stendere il colore.  

    Le decorazioni dipinte, gli stucchi e alcuni frammenti di mosaico sono quel che resta del lusso e della ricchezza originaria. Gli affreschi, che ricoprono intere pareti dei corridoi e degli ambienti di passaggio e che lasciano il posto nelle sale principali ai rivestimenti di pregiati marmi di importazione, si possono attribuire al cosiddetto "quarto stile pompeiano", il sistema decorativo che caratterizza l'ultima fase di vita della cittadina distrutta dal Vesuvio e che, ispirandosi alle scenografie teatrali, scandisce le pareti con esili e finte architetture, che spesso si articolano su più livelli, arricchite poi da figure ed animali fantastici. I restauri compiuti hanno documentato un uso abbondante della foglia d'oro e confermano in un certo modo le notizie che si possono desumere dalle fonti: l'uso delle gemme e delle pietre preziose, come Seneca descrive nella frase "una casa risplendente per lo scintillio dell'oro" (De beneficiis, IV, 6 ... Si domus tibi donetur, in qua marmoris aliquid resplendeat et tectum nitidius auro aut coloribus sparsum, non mediocre munus uocabis; ...).  

I soggetti dei lacerti sopravvissuti al tempo ed alle asportazioni  rivelano una netta predilezione per i personaggi e gli episodi della saga della città di Troia, forse un omaggio del princeps alla città che aveva dato le origini a Roma ed alla famiglia giulio-claudia. Complesse pareti policrome decorano poi alcune sale, con un fondo bianco che suggerisce la spazialità ed un sovraffollarsi di personaggi ispirati nel gusto al teatro. Oggi, tuttavia, risulta molto difficile ricostruire tutti i soggetti riprodotti e la natura "ideologica" che ispirava i cicli pittorici della Domus Aurea: possiamo solo limitarci a constatare l'abbondanza di certe figure legate a Dioniso (Dioniso e Arianna), che sembrano legate al tema dell'iniziazione come anche la scena del rapimento di Ganimede da parte di Zeus. Potremmo dunque vedervi la promessa della nuova Aetas Aurea neroniana. Episodi del ciclo di Troia decoravano la parte orientale del Padiglione, così come la volta di un ambiente della Domus Transitoria, abitualmente attribuito a Tibullo: di nuovo vi si potrebbe leggere il messaggio neroniano di resurrezione dalle rovine dell'incendio, ma forse queste sono solo ipotesi azzardate.

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