La pericolosità sociale dei baccanali dal punto di vista dell'élite di potere consisteva nella larga base dei consensi, che per la prima volta univa le diverse forme di marginalizzazione sociale: una plebe urbana in via di declassamento, un sottoproletariato contadino immigrato nella capitale, alcuni gruppi minoritari di un ceto equestre economicamente in ascesa, le plebi provinciali di tradizione anti-romana o comunque messe in crisi dalle guerre annibaliche, infine i servi pastori dei latifondi meridionali.
A parte l'élite di potere, era coinvolta tutta l'Italia, che tendeva a far confluire in un unico culto le varie forme del dissenso di schiavi, cittadini di diritto romano appartenenti a ceti diversi, provinciali e liberi alleati.
La repressione del senato ebbe per oggetto tutte queste categorie e l'intervento fu rapido, organizzato e capillarmente esteso, fino alle province più lontane. Questo risultò essere un fatto di estrema importanza da un punto di vista politico, perché rappresentò storicamente il consolidarsi della stessa rete di solidarietà aristocratiche di fronte a un comune obiettivo di difesa di ceto e questo corrispose a Roma all'affermarsi della politica di centralizzazione autoritaria, che si sarebbe ulteriormente consolidata ancora per un certo numero di decenni.