Iniziamo ricordando brevemente i fatti: quanto sappiamo sui rituali bacchici a Roma lo attingiamo, per buona parte, da Livio, fonte evidentemente tendenziosa, e, probabilmente, anche male informata per quanto concerne in particolare la storia delle associazioni bacchiche a Roma, la loro struttura organizzativa e l'essenza dei rituali che in essa si svolgevano. Sono molti i "si dice" e talvolta certi episodi e determinate circostanze sono fraintesi dal nostro storico. D’altra parte, Livio riceve anche conferma nelle sue affermazioni in vari punti da un altro autore che scrive negli anni della questione dei baccanali, Plauto, fonte autorevole ed utilizzabile almeno per gli aspetti giuridici della questione.
Proprio gli aspetti giuridici ci vengono confermati per veri dal testo della decisione senatoriale concernente la repressione dei baccanali (senatusconsultum de bachanalibus), una delle più importanti iscrizioni in latino arcaico che ci siano giunte.
Il documento fu scoperto nel XVII secolo a Tiriolo, una località isolata, geograficamente e culturalmente, nel cuore del Brutium pastorale, che Roma non riuscì ad assorbire mai per intero. Il ritrovamento di questo testo in una regione tanto periferica costituisce un indice incredibilmente notevole della sua diffusione, che deve essere stata capillare e soprattutto indirizzata verso zone di reale o potenziale resistenza. Desumiamo allora che le associazioni bacchiche dovevano aver trovato in questi anni un'enorme diffusione, almeno a Roma e nelle Puglie.
Livio riferisce che si trattava di “un'ingente moltitudine, quasi un secondo popolo" (Multitudinem ingentem, alterum iam prope populum esse. Ab Urbe Condita XXXIX, 13). A Roma e nella penisola la repressione avrebbe agito su "molte migliaia di individui, di cui la maggior parte costituita da donne, ma tra cui non mancavano neppure gli uomini". In particolare, per le prime immediate repressioni all'interno della capitale, "si diceva avessero congiurato più di settemila uomini e donne - coniurasse supra septem milia uirorum ac mulierum dicebantur": si trattava per lo più di "liberi" e perfino di "qualche nobile". Queste affermazioni potrebbero sembrare esagerate, se non fossero rapportate al grado di diffusione del testo del senatusconsultum. Livio ci informa che i baccanali erano diffusi in tutta la penisola. Di fatto sono solo tre le regioni che di cui ci parla: l'Etruria, la Campania e le Puglie, tutte e tre presentate come zone di origine dei baccanali.
Perché dunque questo fatto nuovo? Le domande che ci possiamo porre sono: si era improvvisamente trasformato ed incrudelito il culto o era cambiato l'atteggiamento delle autorità? Le due cose dovevano essersi svolte parallelamente, probabilmente secondo un gioco di reciproche interrelazioni, difficile da decifrare all'interno di questa complessa realtà storica. Fatti nuovi erano avvenuti anche nell'ambito stesso del culto bacchico: di questi, in modo più o meno distorto, ci informa ancora Livio.
Il cambiamento non deve essere stato improvviso, come vorrebbe farci credere lo storico, al quale, per salvaguardare il buon nome dei cittadini romani, riesce davvero comodo avvalorare la versione di una introduzione dall'esterno della capitale dei diffamati rituali.