Una statua di Menenio Agrippa
La distinzione fra Patrizi e Plebei all'interno della popolazione romana è molto discussa: a lungo si era pensato che i Patrizi fossero i nobili, in contrapposizione ai meno abbienti che costituivano la plebe; oggi si preferisce ritenere che patrizi e plebei fossero due "categorie" indipendenti dalla nobiltà di stirpe. I Patrizi erano gli unici ad avere l'accesso al potere, in virtù del fatto che erano i soli a poter prendere gli auspicia. Populus e plebs - in origine distinti, come abbiamo osservato in precedenza - finirono per essere identificati, in contrapposizione al gruppo dei patrizi. Nel frattempo si andava diffondendo la pratica del clientelato, attraverso il quale la plebe poteva essere facilmente controllata dai patrizi ed essere dunque usata come strumento politico.
Grazie ad una secessione sul Monte Sacro, nel 496 a.C. la plebe riuscì a far riconoscere i propri diritti ed a far eleggere i propri rappresentanti, i tribuni della plebe. La leggenda vuole che Menenio Agrippa, che guidava la secessione sull'Avventino, riuscì a convincere i suoi oppositori con un celebre discorso in cui ricordava come il corpo umano funzionasse alla perfezione quando tutte le sue parti erano correttamente integrate. Ai tribuni della plebe spettarono le seguenti prerogative: la sacrosanctitas, ovvero l'inviolabilità personale, lo ius auxilii, cioè il diritto di aiuto nei confronti di un uomo della plebs, ed infine la intercessio, ovvero il diritto di veto contro i decreti dei magistrati.