La Guerra del Peloponneso

Busto di Alcibiade

     Atene accolse nella Lega la città di Corcira, che si trovava in quel momento in guerra con Corinto, alleata di Sparta. Contemporaneamente, Atene attaccò Potidea, la colonia di Corinto che aveva espresso l'opinione di voler uscire dalla Lega. Infine Atene vietò alle navi ed ai mercanti di Megara, che si era schierata al fianco di Corinto, l'accesso a tutti i porti della Lega. 

    A fronte di queste posizioni dichiaratamente ostili ed alle mire palesemente egemoniche di Atene, il re di Sparta Archidamo (da lui il primo decennio di guerra prese il nome di "archidamica") proclamò lo stato di guerra invadendo l'Attica ed inaugurando in tal modo - siamo nel 431 a.C. - un periodo estremamente lungo di ostilità che sarebbe durato, con il nome di Guerra del Peloponneso, per circa un trentennio. Questa lunga e terribile guerra, che avrebbe portato rovina e distruzione non solo allo sconfitto (Atene), ma anche al vincitore stesso (Sparta), tanto che i Greci, incapaci di riorganizzarsi sotto una guida unica ed incapaci di trovare un'alleanza di fronte ad un nuovo comune nemico come già erano riuscite a fare in occasione delle guerre persiane, caddero presto vittime degli incalzanti Macedoni, è oggetto dell'opera dello storico Tucidide

    All'apertura delle ostilità, Pericle decise che al tattica migliore sarebbe stata il trincerarsi in Atene, battendo contemporaneamente le coste con le triremi - gli spartani erano deboli sul mare - per garantirsi gli approvvigionamenti necessari. Questo progetto iniziale, tuttavia, si scontrò con alcuni rilevanti ostacoli: innanzitutto il fatto di essersi trincerati all'interno delle mura garantiva agli Spartani l'accesso indisturbato alla piana dell'Attica e, quando i mercanti ed i proprietari terrieri videro le loro proprietà fuori dalla città venire distrutte e saccheggiate ripetutamente, si risentirono fortemente contro Pericle. Inoltre un morbo pestilenziale - c'è chi parla di peste nera e chi avanza, suggestivamente, l'ipotesi che si trattasse di ebola, i cui sintomi ricalcherebbero quelli descritti in modo tanto mirabile da Tucidide in uno degli episodi più celebri della sua opera - si diffuse in città (Tucidide sospetta che qualcuno avesse avvelenato i pozzi con le riserve idriche): lo stesso Pericle nel 429 a.C. cade vittima della malattia. 

    Il suo posto venne preso da Cleone, che era schierato a favore della guerra ad oltranza. Il conservatore Nicia, tuttavia, gli si oppose, desiderando porre fine quanto più rapidamente possibile alle ostilità che stavano rapidamente prosciugando le risorse della città. A Sfacteria, nel 425 a.C., Cleone catturò un intero presidio di 120 preziosissimi spartiati - a Sparta infatti cominciavano a scarseggiare a causa del procedere del conflitto: quando questi ultimi rifiutarono di arrendersi, Cleone ne ordinò il massacro. Nel 422 a.C., nello scontro di Anfipoli, trovarono la morte sia Cleone che il generale spartano Brasida, che erano i più accesi sostenitori della guerra. Nel 421 Nicia stipulò un accordo con Sparta - noto come pace di Nicia - che pose fine alla fase "archidamica" della guerra. 


    Nel 416 a.C., tuttavia, Melo, che si rifiutava di entrare nella Lega di Delo e proclamava la propria neutralità, fu assediata ed espugnata dagli Ateniesi: l'intera popolazione fu deportata e l'episodio - uno dei più infamanti commessi dalla città di Atene in nome delle proprie mire egemoniche - è ricordato in alcune pagine mirabili di Tucidide, che ricostruì, come era sua abitudine, il discorso di supplica degli ambasciatori dei Melii perchè la propria città fosse risparmiata dalla guerra.

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