Valeriano

   

   La diffusione del Cristianesimo : in verde sono evidenziate le regioni ad alta presenza di Cristiani 

e in giallo quelle a scarsa ( minoranze rilevanti ) presenza di Cristiani 

Succeduto all’effimero regno di Treboniano, Valeriano sembrò dapprima inaugurare un’epoca nuova per i rapporti tra Cristiani e Romani, promuovendo i riconoscimenti ufficiali della Chiesa che rimasero sostanzialmente validi fino all’Editto di Milano. 

Le fonti cristiane, come Dionigi di Alessandria, testimoniano che Valeriano fu all’inizio molto ben disposto nei confronti dei Cristiani e che “la sua casa era tutta piena di Cristiani ed era una Chiesa di Dio” e che questo rapporto idilliaco rimase inalterato almeno fino al 257. Sembra ovvio chiedersi, dunque, quale fu la causa scatenante che portò non solo alla rottura di tale rapporto, ma anche al verificarsi di una feroce persecuzione. 

Questo improvviso cambiamento fu probabilmente dovuto al risveglio di antiche superstizioni che nascevano abitualmente in seguito alla peste, alle catastrofi naturali ed alle disfatte militari : il massiccio verificarsi di questi eventi negli anni del regno di Valeriano fece credere che si stesse avvicinando la fine del mondo. La responsabilità di questi eventi “prodigiosi” fu totalmente addossata ai Cristiani, ritenuti colpevoli di aver offeso i vecchi dei e di aver attirato la loro maledizione su tutti i cittadini dell’impero : l’incubo ed il terrore di nuovo scatenavano la persecuzione religiosa anticristiana, in un clima da “caccia alle streghe”. Valeriano, discendente, come Decio, di una famiglia di antichissime origini etrusche, si sentì in dovere di proporsi quale campione del paganesimo più intransigente contro tutti quei culti stranieri e contrari alla ragione che venivano a turbare la pax deorum

Il vescovo di Alessandria, Dionigi, accusò dell’improvviso mutamento della politica dell’imperatore il ministro delle finanze Macriano, che avrebbe suggerito la persecuzione a Valeriano per appropriarsi dei beni della Chiesa per rimpinguare le casse statali dissanguate dalle spese belliche. Questa notizia, probabilmente non del tutto falsa, va però depurata del suo riferimento al bisogno di denaro come possibile motivazione : bisogna infatti ricordare che Gallieno, succeduto a Valeriano, restituì nel 262 ai Cristiani sopravvissuti alla persecuzione tutti i beni precedentemente confiscati e che, se effettivamente lo stato avesse avuto bisogno di denaro, mai sarebbe avvenuta tale restituzione. 

Alcune altre fonti citano come probabile motivo scatenante della persecuzione un episodio significativo, che apparve a tutti i pagani come un affronto di un Cristiano reso troppo sicuro dalla benevolenza dell’imperatore nei confronti della antica religione. Questo episodio ebbe per protagonista un senatore cristiano amico di Valeriano, Asturio. Costui si trovò per caso a presenziare ad un prodigio che, ripetendosi immancabilmente in occasione di una festività presso il santuario di Pan a Cesarea di Filippo, appariva ai pagani come manifestazione della grande potenza del dio. Il senatore pregò Dio di far cessare il prodigio (che consisteva nella sparizione di una vittima sacrificale gettata in una fonte sorgiva) e la sua preghiera venne prontamente esaudita, suscitando enorme costernazione da parte dei pagani presenti. Questi ultimi ritennero che Pan si fosse inquietato contro Asturio e che perciò avesse posto termine al prodigio: Asturio venne condotto davanti al Senato e la sua condanna a morte apparve ai suoi contemporanei correligionari come la sentenza emessa al termine di un processo al Cristianesimo stesso. Questa circostanza, dunque, sarebbe stato l’improbabile unico movente di tutta la persecuzione, a detta dello storico Eusebio (HE 7,17)

Il primo editto persecutorio emanato da Valeriano risale all’estate del 257 ed ordinava che tutte le chiese venissero chiuse, che tutti i cimiteri venissero confiscati e che tutti i vescovi, i sacerdoti ed i diaconi venissero mandati al confino. L’anno successivo un secondo decreto comminò la pena di morte a tutti gli ecclesiastici che erano stati arrestati in base al precedente editto e stabiliva che tutti i senatori e tutti i cavalieri che fossero stati riconosciuti come Cristiani, indipendentemente dalla loro eventuale apostasia, dovessero subire la confisca dei beni. 

Per la prima volta veniva abrogato il rescritto di Traiano, che aveva garantito l’impunibilità degli accusati che avessero abiurato pubblicamente (apostasia) : ora questo espediente serviva solo ad evitare la pena di morte. 

Valeriano fu il primo imperatore a colpire il Cristianesimo come Chiesa e quindi come gerarchia organizzata, ottenendo un risultato molto più consistente di quello del suo predecessore Decio e ponendo al contempo (seppure in negativo) le basi - sfruttate in seguito da Gallieno - per il riconoscimento ufficiale della Chiesa stessa. 

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