Tito Lucrezio Caro
TRADUZIONI
Le
notizie sulla vita di Tito Lucrezio Caro sono
estremamente poche ed anche imprecise. I dati
riferiti dal grammatico Donato ( nella sua vita di Virgilio ) e dal padre della
chiesa Girolamo ( 347 ca-420 d.C. ), in opposizione talora fra loro, dovrebbero
a loro volta rimontare allo storico
Svetonio. Senza entrare nel merito dei riscontri cronologici elaborati dagli
studiosi della questione, pare accertato che Lucrezio nacque nei primi anni del I secolo a.C. e morì intorno
al 54. Sul luogo d’origine non abbiamo particolari conferme, se non per il
fatto che il cognomen
“Carus” risulta attestato nel territorio di Napoli e di Pompei. Sulla condizione
sociale del poeta non siamo informati. Qualcuno ha voluto intravedere un atteggiamento da
cliens nel tono delle parole rivolte a Memmio, il dedicatario dell’opera,
quello stesso al cui seguito si trovò Catullo quando si recò in Oriente (
57/56 ).Fatta eccezione per l’indicazione cronologica, Girolamo sostiene che
Lucrezio divenne
folle per un filtro d'amore ( poculum amatorium ) e che compose il poema, poi
pubblicato da Cicerone, nei momenti di lucidità mentale (
per intervalla insaniae ), e si suicidò poi all’età di 44 anni. Non
abbiamo alcuna conferma di queste notizie: esse apparirebbero sicuramente leggendarie se
non fosse per l'effettiva incompiutezza del poema, quella certa aria di eccitazione che lo
pervade e quella descrizione degli effetti disastrosi della passione amorosa che
chiude il libro IV. In effetti, Cicerone in una
lettera al fratello Quinto ( II, 9, 3 ) fa un cenno proprio al poema di Lucrezio:
Lucreti
poemata, ut scribis, ita sunt: multis luminibus ingeni, multae tamen artis,
“il poema di Lucrezio è così come scrivi, ricco di talento, tuttavia molto
meditato” ( tuttavia è opportuno sotolineare che sulla tradizione manoscritta di questa asserzione sono stati
sollevati dei dubbi ). Quanto alle altre osservazioni di san Girolamo, è quanto
meno credibile che la tradizione cristiana abbia voluto dare un’immagine negativa
del poeta, facendo passare Lucrezio per un folle e per un suicida. Si vuole
credere che la sua formazione culturale sia avvenuta all’interno del circolo di Filodemo ad Ercolano nella villa di Calpurnio Pisone, noto
epicureo ( e nemico personale di Cicerone ), ma anche su questo punto non esistono certezze.
Certo è invece il fatto che la vita di Lucrezio ebbe a svolgersi in uno dei periodi più
drammatici della storia romana, caratterizzato da un’intensità senza
precedenti di scontri politici e civili, oltre che dalle scorrerie delle bande
armate e dalle famigerate liste di proscrizione. In quest'ottica dunque acquistano un senso
particolare le sue osservazioni sulla negatività del contenzioso
politico, sui danni dello spopolamento delle campagne, addirittura
sull’approssimarsi della fine del mondo. È quanto si ricava dal poema, al
quale abitualmente si usa fare riferimento come unica fonte affidabile di informazioni.
Il
titolo
De rerum natura, che ripropone quello di alcune opere filosofiche greche
( Perì phýseos ) si traduce in italiano semplicemente “La Natura”,
tuttavia con l'avvertenza che res potrebbe propriamente indicare i
“fenomeni” che della natura, cioè delle leggi dell'universo, sono le
manifestazioni. Si discute anche sulla struttura generale del poema: il fatto
che certi antichi autori riportino versi non reperibili nel testo dell'opera
quale noi possediamo, legittimerebbe, secondo alcuni, successivi tentativi di revisione e
di riordinamento. Si può certamente parlare di incompiutezza del poema: l'autore non ebbe
modo di terminarlo nè tanto meno di revisionarlo, come dimostrerebbe la palese contraddizione tra l'intento dichiarato di utilizzare la dottrina epicurea per salvare l'uomo
dal male, e la conclusione
dell'opera, che rappresenta scene di sconcertante drammaticità relative alla
peste di Atene. Che il poeta non sia riuscito a revisionare il testo della sua
opera risulterebbe inoltre dimostrato dalle frequenti ripetizioni di versi singoli o di
gruppi di versi, di lacune chiaramente non imputabili a imperizia degli
amanuensi, o altri elementi di carattere tecnico. Comunque si debbano
interpretare questi aspetti strutturali ( le ripetizioni infatti potrebbero
trovare ragione nel fine didascalico dell'opera ), è certo che il disegno
dell'opera appare ben congegnato e simmetricamente definito. I sei libri di cui
si compone il De rerum natura, quanto ai temi fondamentali che trattano, possono
distribuirsi in tre coppie: - libri I-II: La dottrina atomistica ( costituzione
del mondo e della materia ); - libri III-IV: La scienza antropologica (
costituzione dell'anima; problema gnoseologico ); - libri V-VI: II sistema
cosmologico ( fenomeni celesti e terrestri ). Lo schema ripete sostanzialmente
quello canonico delle scuole epicuree, tuttavia è significativo che Lucrezio lo abbia
sconvolto solo per porre al centro il problema riguardante l'uomo, problema che
la tradizione usualmente poneva come ultimo. Ciascuna delle tre coppie prende
inizio con un
preludio e termina con l'esposizione e l'interpretazione di un episodio triste o
drammatico. Altre corrispondenze e parallelismi possono rintracciarsi in un
gioco non rigido ma studiato che contempla un intrigo di microsequenze in seno
alle più grandi ripartizioni, così da giustificare l'opinione secondo cui il
De rerum natura è un poema terminato in sé stesso. Le incongruenze innegabili
troverebbero spiegazione tenendo conto del particolare ingegno di Lucrezio, distinto
come detto da contraddizioni, del suo metodo di lavoro e non da ultimo della mancata
revisione del testo. La conclusione del poema, improntata ad una concezione del
mondo irrimediabilmente pessimistica, è prova dell'originale spiritualità
dell'autore, che si sovrappone alla dottrina ottimistica dell'epicureismo che pur
vuole illustrare. In altri termini, potremmo affermare che per provare la necessità di un equilibrio
razionale garante della felicità, egli non veda altro mezzo didattico che mostrare i mali prodotti dalla condizione contraria, cioè
dall'ignoranza e dalla passionalità.