Il primo autore tragico greco di cui ci sia pervenuto un numero di opere rilevante, e che è da sempre considerato una figura di valore assoluto non solo nella letteratura greca, ma in assoluto nelle letterature di tutti i tempi e di tutti i luoghi, è Eschilo. Di famiglia aristocratica, figlio di Euforione, nobile proprietario terriero, nacque nel 525 a.C. ad Eleusi, vicino ad Atene, famoso centro del culto misterico di Demetra e di Persefone. Egli assistette da giovanissimo alla congiura contro i Pisistratidi ed alla cacciata di Ippia, con cui si concluse il regime tirannico.
Eschilo diede avvio alla sua carriera di tragediografo a circa venticinque anni, in occasione degli agoni tragici del 499-496 ( LXX Olimpiade ); continuò poi a comporre opere drammatiche fino alla fine dei suoi giorni, e riportò la prima vittoria nel 484 a.C.. Nel 490 a.C. Eschilo combatté a Maratona contro i Persiani, e dieci anni dopo, quando le truppe di Serse, forzato il passo delle Termopili, invasero l’Attica, ritroviamo il poeta spada in pugno anche alla battaglia di Salamina. Nel 472 a.C. si presentò e vinse vinse agli agoni drammatici con una tetralogia ( tre tragedie e un dramma satiresco ), di cui facevano parte i Persiani, il più antico dramma giunto fino a noi ed unica tragedia di argomento storico; le altre opere componenti la tetralogia sono sconosciute, perché purtroppo perdute nell'oblio dei secoli. Dopo una breve soggiorno presso il tiranno di Agrigento Ierone, che aveva ospitato anche Simonide, Bacchilide e Pindaro, nel 469 o nel 468 a.C. il poeta fece ritorno ad Atene. Eschilo gareggiò in questi anni con la tetralogia contenente il Prometeo incatenato, e poi con una seconda tetralogia perduta, ma fu sconfitto dal giovanissimo Sofocle. Nel 467 Eschilo tornò però a vincere con una tetralogia ispirata ai miti del ciclo tebano, che comprendeva i drammi Laio, Edipo, e i Sette a Tebe, quest'ultimo unico ad essere giunto fino a noi. Nel 458 il poeta produsse l’unica trilogia giuntaci interamente, l’Orestea, comprendente l’Agamennone, le Coefore e le Eumenidi. In seguito, per motivi a noi ignoti, il poeta tornò in Sicilia, questa volta a Gela, e vi rimase fino alla morte, avvenuta nel 456 a.C.
Eschilo fu sempre considerato un uomo di alto valore etico, un educatore, e un cittadino fedele alla sua polis: fu a lungo il simbolo di un perfetto civismo, sia sul piano intellettuale che su quello pratico ( contrariamente ad Euripide, che, figlio in questo del suo tempo, presentò temi tanto legati alla sfera dell'interiorità ed al dubbio nei confronti dell'esistenza di un ordine cosmico da essere tacciato di empietà, proprio per confronto con la poetica di Eschilo, dove il divino - sacro ed incontestabile - è visto come garante dell'ordinamento della polis e della vita umana stessa ). Il poeta, politicamente favorevole alle riforme democratiche di Clistene, era un fautore della nuova democrazia ateniese. Infine, nonostante sia il primo tragico di cui conosciamo le opere, nell’antichità Eschilo fu considerato un innovatore per aver dato maggiore spazio alle parti dialogate rispetto a quanto fecero i suoi predecessori.