Terenzio

Suocera

Atto V, scena terza

VV. 816 e seguenti

BACCHIDE Che gioia ho dato oggi a Panfilo, venendo qua! Quanti favori gli ho reso! E quante preoccupazioni gli ho sottratto! Gli restituisco un figlio, che era sul punto di morire per colpa sua e di queste due donne; 
la moglie, che non avrebbe mai pensato di poter riavere dopo questa storia, io gliela rendo; l'ho salvato dai sospetti di suo padre e di Fidippo... Ed è stato questo anello l'oggetto fondamentale per scoprire tutta la faccenda! Mi ricordo che circa dieci mesi fa Panfilo corse a nascondersi da me sul calar della notte, ansimante, senza scorta ed totalmente ubriaco , ed aveva proprio questo anello.
Io mi presi un accidente: "Panfilo mio" gli dico "per carità, cosa c'è, che sei senza fiato? E dove hai trovato questo anello? Dimmi tutto !". E lui fingeva di pensare ad altro. Ma io me ne accorgo e incomincio a sospettare qualcosa, e insisto ancora di più perché mi racconti. Poi confessa di aver violentato una donna per la strada, e dice di averle strappato questo anello durante la lotta. E adesso Mirrina l'ha riconosciuto, perché appunto lo portavo al dito . E mi chiede come mai ce l'abbia io. Le racconto tutta questa storia: e così si scopre che era Filomena la ragazza violentata da lui, e che il figlio quindi è suo. Sono contenta che tutte queste gioie gli siano giunte per merito mio, anche se le altre prostitute non la penserebbero così, dato che a noi non conviene che un nostro amante abbia un matrimonio felice. Ma io, lo giuro, non accetterò mai di essere perfida solo per a mio vantaggio. Io, finché ho potuto, ho avuto in lui un buon amico , gentile e cortese. Il suo matrimonio è stato un brutto colpo, per me, non posso negarlo; e,perbacco, non credo di aver fatto davvero nulla per meritarmelo. Ma se da una persona si sono avuti tanti piaceri, è giusto sopportare anche qualche dispiacere.

Testo originale

BACCHIS
Quantam obtuli aduentu meo laetitiam Pamphilo hodie!
Quot commodas res attuli! Quot autem ademi curas!
Gnatum ei restituo, qui paene harunc ipsiusque opera periit;
uxorem, quam numquam est ratus posthac se habiturum, reddo;
qua re suspectu' suo patri et Phidippo fuit, exsolui:
hic adeo his rebus anulus fuit initium inueniundis.
Nam memini abhinc mensis decem fere ad me nocte prima
confugere anhelantem domum sine comite, uini plenum,
cum hoc anulo: extimui ilico: "mi Pamphile", inquam "amabo,
Quid exanimatu's obsecro? Aut unde anulum istum nactu's?
Dic mi". Ille alias res agere se simulare. Postquam id uideo,
nescioquid suspicarier mage coepi, instare ut dicat.
Homo se fatetur ui in uia nescioquam compressisse,
dicitque sese illi anulum, dum luctat, detraxisse.
Eum haec cognouit Myrrina in digito modo me habente
rogat unde sit: narro omnia haec: inde est cognitio facta
Philumenam compressam esse ab eo et filium inde hunc natum.
Haec tot propter me gaudia illi contigisse laetor:
etsi hoc meretrices aliae nolunt; neque enim est in rem nostram
ut quisquam amator nuptiis laetetur. Verum ecastor
numquam animum quaesti gratia ad malas' adducam partis.
Ego dum illo licitumst usa sum benigno et lepido et comi.
Incommode mihi nuptiis euenit, factum fateor:
at pol me fecisse arbitror ne id merito mi eueniret.
Multa ex quo fuerint commoda, eius incommoda aequomst ferre.