17 Furono queste più o meno le notizie divulgate a proposito del complotto e della morte. I congiurati esitavano sulla scelta del momento e sul modo di agire, domandandosi se aggredirlo nel bagno o mentre cenava, quando Stefano, che era intendente di Domitilla e si trovava allora accusato di appropriazione indebita, suggerì un piano e offrì il suo aiuto. Per parecchi giorni, allo scopo di stornare i sospetti, si fece vedere con il braccio sinistro avvolto di lana e di fasce, come se fosse ferito, poi, quando venne il momento, fece scivolare una specie di pugnale sotto questo bendaggio; con il pretesto di dovergli denunciare un complotto si introdusse da Domiziano e mentre quello leggeva con stupore il biglietto che gli aveva consegnato, lo trapassò al basso ventre. Ferito, Domiziano tentava di difendersi, ma il corniculario Clodiano, e Massimo, un liberto di Partenio, e Saturo, primo ufficiale di camera, e alcuni gladiatori si precipitarono su di lui e lo uccisero, colpendolo sette volte. Il giovane schiavo che si trovava là come di consueto per vegliare sui Lari della camera imperiale e poté assistere all'assassinio, raccontava inoltre che, fin dalle prime ferite, Domiziano gli ordinò di portargli il pugnale nascosto sotto il suo cuscino e di chiamare i suoi servi ma che egli, al capezzale, trovò soltanto il manico dell'arma e, per il resto, tutte le porte sbarrate; aggiungeva anche che, nel frattempo, Domiziano, buttato a terra Stefano, dopo averlo afferrato, lottò a lungo con lui, tentando sia di portargli via il pugnale, sia di cavargli gli occhi con le sue dita tutte tagliuzzate. Fu ucciso nel quattordicesimo giorno prima delle calende di ottobre, nel suo quarantacinquesimo anno di età e nel quindicesimo del suo principato. Il suo cadavere fu collocato in una bara plebea e trasportato dai becchini, mentre la sua nutrice Fillide gli rese gli ultimi onori nella sua casa di periferia, situata lungo la via Latina; poi ella trasferì segretamente i suoi resti nel tempio della famiglia Flavia e li mescolò con le ceneri di Giulia, la figlia di Tito, che pure aveva allevato.
XVII. De insidiarum caedisque genere haec fere diuulgata
sunt. Cunctantibus conspiratis, quanto et quo modo, id est lauantemne an cenantem, adgrederentur, Stephanus, Domitilliae procurator, et
tunc interceptarum pecuniarum reus, consilium operamque optulit. Ac sinisteriore brachio, uelut aegro, lanis fasciisque per aliquot
dies ad auertendam suspicionem obuoluto, ad ipsam horam dolorem interiecit; professusque conspirationis indicium et ob hos
admissus, legenti traditum a se libellum et attonito suffodit inguina. Saucium ac repugnantem adorti Clodianus cornicularius et
Maximus Partheni libertus et Satur decurio cubiculariorum et quidam e gladiatorio ludo uulneribus septem
contrucidarunt. Puer, qui arae Larum cubiculi ex consuetudine assistens interfuit
caedi, hoc amplius narrabat, iussum se a Domitiano ad primum statim uulnus pugionem puluino subditum porrigere ac ministros
uocare, neque ad caput quidquam excepto capulo, et praeterea clausa omnia repperisse; atque illum interim arrepto deductoque ad
terram Stephano colluctatum diu, dum modo ferrum extorquere, modo quamquam laniatis digitis oculos effodere
conatur. Occisus est XIIII. Kal. Octob. anno aetatis quadragensimo quinto, imperii quinto decimo. Cadauer eius populari sandapila per
uespillones exportatum Phyllis nutrix in subarbano suo Latina uia funerauit, sed reliquias templo Flauiae gentis clam intulit
cineribusque Iuliae Titi filiae, quam et ipsam educarat, conmiscuit.