Erodoto, Storie

 

L'inganno riesce: pace tra Lidi e Mileto ( Storie, I, 22 )

Testo originale

I, 22. Trasibulo fece in questo modo e diede tali ordini perché l’ambasciatore di Sardi, vedendo il gran mucchio di cibo accumulato e gli uomini che si davano ai divertimenti, lo annunciasse ad Aliatte. E successe proprio così: quando infatti l’araldo, dopo aver osservato la scena ed aver esposto a Trasibulo le proposte del Lido, se ne tornò a Sardi, a quanto penso, l’accordo di pace si concluse esattamente per questo motivo. Infatti Aliatte, che sperava che a Mileto regnasse una grande carestia e che gli abitanti fossero ridotti allo stremo, udì dall’araldo che faceva ritorno da Mileto parole di segno esattamente opposto a quello che si attendeva. Dopodiché, fu conclusa tra loro una pace, con la condizione che fossero tra loro “ospiti ed alleati”, ed Aliatte fece edificare due templi ad Atena in luogo di uno ad Asseso e si riebbe dalla malattia. Queste dunque le vicende di Aliatte durante la guerra condotta contro i Milesi e Trasibulo.

 

Periandro e Arione ( Storie, I, 23 )

Testo originale

I, 23. Periandro, colui che aveva rivelato l’oracolo a Trasibulo, era figlio di Cipselo. Periandro, inoltre, era tiranno di Corinto. Raccontano dunque i Corinzi – ed i Lesbii sono d’accordo con questi ultimi – che nella sua vita gli capitò un prodigio enorme: Arione di Metimna – che era un citaredo, secondo a nessuno tra quelli della sua epoca e primo tra quelli di cui abbiamo conoscenza a comporre un ditirambo, dargli un nome e farlo rappresentare a Corinto – fu trasportato da un delfino a riva fino al Tenaro.

 

L'incredibile vicenda di Arione ( Storie I, 24 )

Testo originale

I, 24. Raccontano che questo Arione, che passava la maggior parte del suo tempo presso Periandro, fu preso dal desiderio di recarsi per mare in Italia ed in Sicilia e che – guadagnate enormi ricchezze – volesse poi ritornare di nuovo a Corinto. Partì dunque da Taranto e – non fidandosi di nessuno più che dei Corinzi, noleggiò una nave gestita da Corinzi. Ma costoro in piena navigazione pensarono di impadronirsi delle sue ricchezze dopo averlo gettato fuori bordo. Comprese le loro intenzioni, li supplicava, offrendo loro i suoi bene, pur di aver salva la vita. Non riuscì a persuaderli, anzi quelli gli ordinarono di uccidersi da solo – in modo da avere una sepoltura in terra – oppure di gettarsi immediatamente in mare. Allora Arione, vistosi alle strette, li pregò che – dal momento che quella era la loro decisione – gli concedessero di cantare, in piedi tra i banchi della nave, con tutta l’acconciatura. Promise che – dopo aver cantato – si sarebbe ucciso. A quelli fece immenso piacere la possibilità di stare per ascoltare il migliore di tutti i citaredi, e si ritirarono dalla prua verso il centro dell’imbarcazione. Allora egli, indossato l’abbigliamento completo ed afferrata la cetra, in piedi tra i banchi eseguì il “nomos orthios” e, terminato il canto, si gettò in mare così com’era, completamente abbigliato.

 

Salvato da un delfino ( Storie, I, 24 )

Testo originale

Quelli fecero rotta verso Corinto, ma si racconta che un delfino abbia portato Arione a riva al Tanaro dopo esserselo caricato sul dorso. Sceso a terra, si recò a Corinto con il suo abito di scena e – arrivato – raccontò tutto quanto era accaduto. Periandro, tuttavia, che non gli credeva, lo fece tenere in custodia, non permettendogli di andare in alcun luogo. Contemporaneamente, però, attendeva l’arrivo dei marinai. Appena giunsero, dunque, dopo averli fatti chiamare chiese loro se gli potessero dare notizie di Arione. Mentre quelli affermavano che era sano e salvo in Italia e che lo avevano lascito in perfetta salute a Taranto, comparve loro Arione, vestito come quando era saltato in mare. Quelli allora, stupefatti e scoperti, non poterono più negare. Questi sono i fatti che raccontano sia i Corinzi che i Lesbii, e a Tenaro c’è una statua votiva di bronzo di Arione, non grande, che raffigura un uomo su un delfino.