XIII. Mulier haud dubie, id quod erat, Aebutium indicem arcani rata esse, ad pedes Sulpiciae procidit, et eam primo orare coepit, ne mulieris libertinae cum amatore sermonem in rem non seriam modo sed capitalem etiam uerti uellet: se terrendi eius causa, non quod sciret quicquam, ea locutam esse. Hic Postumius accensus ira tum quoque ait eam cum Aebutio se amatore cauillari credere, non in domo grauissimae feminae et cum consule loqui. Et Sulpicia attolere pauentem, simul illam adhortari, simul iram generi lenire. Tandem confirmata, multum incusata perfidia Aebutii, qui optime de ipso meritae talem gratiam rettulisset, magnum sibi metum deorum, quorum occulta initia enuntiaret, maiorem multo dixit hominum esse, qui se indicem manibus suis discerpturi essent. Itaque hoc se Sulpiciam, hoc consulem orare, ut se extra Italiam aliquo ablegarent, ubi reliquum uitae degere tuto posset. Bono animo esse iubere eam consul, et sibi curae fore dicere, ut Romae tuto habitaret. Tum Hispala originem sacrorum expromit. Primo sacrarium id feminarum fuisse, nec quemquam eo uirum admitti solitum. Tres in anno statos dies habuisse, quibus interdiu Bacchis initiarentur; sacerdotes in uicem matronas creari solitas. Pacullam Anniam Campanam sacerdotem omnia, tamquam deum monitu, immutasse: nam et uiros eam primam filios suos initiasse, Minium et Herennium Cerrinios; et nocturnum sacrum ex diurno, et pro tribus in anno diebus quinos singulis mensibus dies initiorum fecisse. [ ... ] Nihil nefas ducere, hanc summam inter eos religionem esse. Viros, uelut mente capta, cum iactatione fanatica corporis uaticinari; matronas Baccharum habutu crinibus sparsis cum ardentibus facibus decurrere ad Tiberim, demissasque in aquam faces, quia uiuum sulpur cum calce insit, integra flamma efferre. Raptos a diis homines dici, quos machinae illigatos ex conspectu in abditos specus abripiant: eos esse, qui aut coniurare aut sociari facinoribus aut stuprum pati noluerint. Multitudinem ingentem, alterum iam prope populum esse; in his nobiles quosdam uiros feminasque. Biennio proximo institutum esse, ne quis maior uiginti annis initiaretur: captari aetates et erroris et stupri patientes.
XIV. Peracto indicio aduoluta rursus genibus preces easdem, ut se ablegaret, repetiuit. Consul rogat socrum, ut aliquam partem aedium uacuam faceret, quo Hispala immigraret. Cenaculum super aedes datum est, scalis ferentibus in publicum obseratis, aditu in aedes uerso. Res omnes Faeceniae extemplo translatae et familia arcessita, et Aebutius migrare ad consulis clientem iussus. Ita cum indices ambo in potestate essent, rem ad senatum Postumius defert, omnibus ordine expositis, quae delata primo, quae deinde ab se inquisita forent. Patres pauor ingens cepit, cum publico nomine, ne quid eae coniurationes coetusque nocturni fraudis occultae aut periculi importarent, tum priuatim suorum cuiusque uicem, ne quis adfinis ei noxae esset. Censuit autem senatus gratias consuli agendas, quod eam rem et cum singulari cura et sine ullo tumultu inuestigasset. Quaestionem deinde de Bacchanalibus sacrisque nocturnis extra ordinem consulibus mandant; indicibus Aebutio ac Faeceniae ne fraudi ea res sit curare et alios indices praemiis inuitare iubent; sacerdotes eorum sacrorum, seu uiri seu feminae essent, non Romae modo sed per omnia fora et conciliabula conquiri, ut in consulum potestate essent; edici praeterea in urbe Roma et per totam Italiam edicta mitti, ne quis, qui Bacchis initiatus esset, coisse aut conuenisse sacrorum causa uelit, neu quid talis rei diuinae fecisse. Ante omnia ut quaestio de iis habeatur, qui coierint coniurauerintue, quo stuprum flagitiumue inferretur. Haec senatus decreuit. Consules aedilibus curulibus imperarunt, ut sacerdotes eius sacri omnes conquirerent, comprehensosque libero conclaui ad quaestionem seruarent; aediles plebis uiderent, ne qua sacra in operto fierent. Trimuiris capitalibus mandatum est, ut uigilias disponerent per urbem seruarentque, ne qui nocturni coetus fierent, utque ab incendiis caueretur; adiutores triumuiris quinqueuiri uls cis Tiberim suae quisque regionis aedificiis praeessent.
La storia che Livio ci narra a proposito di questi protagonisti é evidentemente romanzata e fa entrare in scena, facendo loro assumere il ruolo di adescati dal nuovo culto, una serie di personaggi, che sembrano caratterizzati secondo i ruoli fissi della commedia.
Eccovi infatti una moglie succube, un secondo marito avido e corruttore, un figliastro che corre il rischio di perdere se stesso e i propri beni lasciandosi sedurre dalle corruzioni dei baccanali. C’é la cortigiana "non priva di buona fama e di nobili sentimenti", che metterà sull'avviso il suo giovane amico. C’é infine l'anziana e saggia zia, che abita sull'Aventino, e che prenderà la decisione di avvisare il console e fargli ascoltare le rivelazioni che la cortigiana ha da fare sui baccanali. La storia tende ad attribuire al cattivo patrigno la responsabilità grave assunta da un cittadino romano di nascita nell'accogliere i riti stranieri.
Nonostante la storia sia, come abbiamo già detto, palesemente romanzata, essa presenta una notevole verosimiglianza di ambiente, a partire dai personaggi che hanno nomi e ruoli tutti singolarmente riferibili a quelle famiglie vissute a Roma proprio in quell'epoca. Quanto alle famiglie “in vista" non romane, alle quali Livio attribuisce una larga responsabilità nell'introduzione del culto dionisiaco e nella sua organizzazione, sono tutte prevalentemente di origine osco - campana.
Era campana ad esempio Pacullia Annia (Pacullam Anniam Campanam sacerdotem), la sacerdotessa che avrebbe rinnovato il rituale ampliandone l'ambito e iniziandovi per primi i figli Minio e Erennio Cerrino. Poco oltre Livio aggiunge, poco coerentemente, che “i capi della congiura erano Marco Atinio della plebe romana, il falisco Lucio Opicernio e il campano Minio Cerrino: da costoro ebbero origine i delitti e le empietà, costoro erano i sommi sacerdoti e gli iniziatori del culto”. I Cerrini erano un gruppo gentilizio osco, il cui nome torna frequentemente nelle iscrizione pompeiane. Quella degli Annii era una famiglia plebea collegata a una tradizione di rinnovamento religioso, mentre all'ambiente osco-campano appartiene la famiglia degli Atini: un edile Maras Atinis figura su una iscrizione bacchica di Pompei, che risale più o meno agli anni della "congiura" dei baccanali.
Le informazioni di Livio rimandano ad un ben preciso ambiente sociale il complesso dei quadri dirigenti del culto bacchico. E' l'ambito della plebe abbiente che risiede nella capitale, é un'attiva èlite commerciale che risiede sull'Aventino. Il ceto dei grossi negotiatores aveva da tempo tentato la scalata al potere politico e c'era riuscito, tanto che alla fine del IV secolo e poi per tutto il III Roma fu governata da una nobilitas patrizio-plebea, in cui gli homines novi avevano pur avuto una loro parte, minoritaria, ma non per questo priva di importanza.
Inoltre, dopo aver raggiunto il potere politico, l'aristocrazia plebea otterrà avanzamenti nel controllo delle cariche religiose, dopo che con le leggi Licinie-Sestie del 367 riuscì a portare da due a dieci gli interpreti dei libri sibillini ed a rendere questi oracoli accessibili anche ai plebei. In campo politico basti pensare all'istituzione del tribunato della plebe, con i suoi privilegi anche di ordine sacrale. Queste vittorie politiche renderanno quindi accettabile la naturalizzazione romana di molte divinità di importazione, come la triade di Cerere, Libero e Libera e di Stimula stessa.
Tuttavia, é proprio negli anni della repressione dei baccanali che il forte ceto dei negotiatores si trova violentemente allontanato dalla comune fetta di potere politico. Tra il 218 e il 179 la nobilitas impedisce agli homines novi l'accesso alle magistrature, nel 218 un plebiscito, impedendo ai senatori di possedere un censo tale da armare una nave capace di trecento anfore, esclude dal senato proprio il ricco ceto dei negotiatores.
La situazione nei primi decenni del II secolo é questa, in sintesi: al progressivo avanzamento di un ceto di negotiatores sempre più potente economicamente, fa riscontro una sua totale emarginazione rispetto al potere politico. Il ceto equestre sarà vincitore solo con le guerre sociali.
Per il momento non rimanevano alternative: o la scalata, a titolo individuale, verso uno status superiore, finendo per identificare i propri valori con quelli del patriziato, o la scelta di una affermazione autonoma entro un ambito che non fosse più quello politico. In questa ottica il rituale bacchico consentirà a ciascuno quei compensi che non era più possibile ricercare altrimenti attraverso la lotta politica: ci si può gratificare diventando dirigente di una associazione, oppure anche ritenendo di rappresentare un ruolo autoritario nel momento rituale della possessione, quando ci si riterrà occupati da una presenza più che umana.
E' quindi da individuarsi in questo processo di marginalizzazione politica il possibile movente che spinse una certa parte dell'elite commerciale a trasformare i suoi vecchi legami clientelari con la plebe urbana in una alleanza di tipo diverso, volontaristica e soprattutto fondata su legami di tipo religioso.