Un'immagine dell'inaugurazione dell'Exhibition da parte della regina Vittoria
L’Inghilterra, alla fine del secolo scorso, si presentava sicuramente come una delle nazioni occidentali più prospere e più avanzate a livello industriale : questo sviluppo portò ben presto ad una massiccia produzione in serie degli oggetti di consumo . Per dare una prova consistente della sua supremazia in questo campo, dunque, l’Inghilterra decise di organizzare per il 1851 una colossale mostra aperta a tutte le altre nazioni europee, che prese il nome di “Esposizione dei prodotti industriali di tutte le nazioni” e venne allestita nella città di Londra. Le forze impegnate per la realizzazione del vasto ed ambizioso progetto furono davvero immani : fu il principe Alberto, marito della regina Vittoria, ad occuparsi della creazione di un’apposita commissione per la realizzazione di un edificio atto ad accogliere la mostra . L’architetto J. Paxton progettò il Crystal Palace, che rappresentò il primo vero “prefabbricato”, tutto in vetro ed acciaio, per ospitare “come in uno scrigno di vetro” l’Esposizione .
Alla mostra furono esposte le opere più diverse, dalle macchine industriali, alle locomotive, agli oggetti di uso comune e domestico, alle raffinate produzioni delle vetrerie francesi : si alternavano oggetti palesemente prodotti in serie ad uso commerciale ed altri prodotti ancora artigianalmente . Per preservare la sopravvivenza di questi ultimi, che era ormai seriamente minacciati dalla massiccia produzione industriale, molti artisti si impegnarono a rendere le loro opere “uniche” e preziose, grazie soprattutto da un lato all’appoggio della borghesia, che voleva che l’oggetto d’arte rimanesse uno status symbol di una ben precisa classe sociale – ed aborriva, dunque, la diffusione di questi prodotti fra le classi sociali “inferiori” – e dall’altro alle applicazioni tecnologiche dell’epoca, come la galvanoplastica, che consentiva di dorare o argentare anche i metalli vili con lamine sottilissime .
L'interno dei padiglioni del Crystal Palace
La prima vera reazione a questa “commercializzazione” del prodotto artistico si ebbe proprio in Inghilterra, grazie all’opera dell’ideologo socialista William Morris, che suggerì l’importanza del lavoro artigianale ed un utopistico ritorno al ruolo sociale dell’artigiano stesso, come avveniva nel Medioevo . Queste idee furono riprese e sviluppate dalla cosiddetta “Confraternita dei Preraffaelliti”, guidata dallo scrittore e critico d’arte Ruskin, che aveva definito provocatoriamente il Crystal Palace un “cocomero di vetro”. Facevano parte della confraternita anche artisti famosi, come Hunt, Dante Gabriel Rossetti, Burne-Jones e Millais, che vedevano la macchina come nemica dell’uomo e proponevano il ritorno al Medioevo come età dell’oro, spesso con finalità sociale : Ruskin, ad esempio, esaltava l’arte come rimedio dai mali della decadente società vittoriana ed unica vera attività nobilitante per l’uomo . Ben presto lo sfogo polemico dei Preraffaelliti si riassorbì, ma i suoi benefici influssi diedero vita da un lato ad una prolifica integrazione fra industria ed artigianato, e dall’altro alla creazione di forme artistiche nuove, ispirate al mondo vegetale. L’integrazione di artigianato ed industria si esplicitò nella creazione della “Arts & Crafts Exhibition Society”, che gettò le basi per quello che sarebbe divenuto il moderno design industriale .
L’arte ispirata alle forme vegetali, invece, prese vita, oltre che a partire dalle idee di Ruskin, anche grazie al sovrapporsi di molteplici influssi, come la scoperta in Europa della cultura giapponese o le invenzioni della chimica del tempo, che resero famosi, grazie alle applicazioni nel campo del trattamento del vetro con acidi, artigiani come Gallè o Tiffany : quest’ultimo, in particolare, ampliò la sua produzione sino a diventare un vero e proprio industriale, così come fece anche Lalique nello stesso periodo, “volgarizzando” – a detta di molti – la produzione dei raffinati oggetti di vetreria artigianale. L’Italia si inserì solo tardi (1880) nel dibattito fra artigiani ed industriali, con almeno trenta anni di ritardo rispetto alle altre nazioni europee . Interessanti furono le applicazioni all’architettura di tutte queste tendenze artistiche : in Francia, all’Ecole Politecnique, si accentuò sempre di più la differenza fra la figura dell’ingegnere, cioè il tecnico che doveva risolvere i problemi strutturali e realizzativi, e l’architetto, che venne relegato a risolvere i problemi estetici e decorativi .
Il Crystal Palace di Paxton a Londra rappresentò la prima opera in vetro ed acciaio, lanciando una tendenza che sarà seguita poi in tutta Europa, fino ad essere consacrata dal Razionalismo degli anni 1910 e 1920 . Nel 1855 i Francesi risposero realizzando il Palais de l’Industrie, che pose le basi per la costruzione, nel 1889, della famosissima Tour Eiffel, vero simbolo della nuova architettura dell’acciaio. Queste tendenze trovarono poi degno sviluppo anche negli Stati Uniti, dove i nuovi materiali e questa sorta di propensione allo sviluppo tecnologico ed all’impiego di nuove forme portò alla costruzione dei primi grattacieli a Chicago .
Da ultimo è opportuno ricordare gli effetti che la passione per le forme del mondo vegetale ebbero anche e soprattutto in architettura, dando vita all’Art Nouveau, più nota con il nome di Stile Liberty. Questo vero e proprio movimento prese avvio verso il 1890 e si diffuse ampiamente in Europa ed in America, assumendo denominazioni diverse a seconda del paese interessato: Sezessionstil in Austria, Jugendstil in Germania, Stile floreale in Italia, e così via.
Un ingresso della metropolitana a Parigi, in stile Liberty
Il nome Art Nouveau deriva dall’insegna del negozio di “oggetti d’arte e creazioni moderne” aperto da A. Bing a Parigi nel 1895. Il Liberty prese spunto dalle teorie della “Arts & Crafts” di Morris : linee curve e colore divennero i protagonisti ovunque, dai ferri battuti degli ingressi alla Metropolitana a Parigi, ai balconi ed all’arredo degli interni .