La cosmesi delle signore ... e non solo

 

    Ancora, passando alla cosmesi, per dare un tocco di rosso alle guance di una dama, niente di meglio di sterco di toro o di un po’ di crocodilea (N.H. XXVIII, 50):

Fimo taurino malas rubescere aiunt, non ut crocodileam inlini melius sit; foueri frigida et ante et postea iubent.

Quest’ultimo prodotto (la crocodilea) è descritto in gran dettaglio dal naturalista in XXVIII, 28: si trattava del contenuto dell’intestino di una specie di geko o piccolo coccodrillo (da cui il nome) che viveva nelle fenditure delle piramidi, molto profumato – a suo dire – grazie al fatto che questi animaletti amavano aggirarsi tra i fiori

Alter illi [ scil. Crocodilo ] similis, multum infra magnitudine, in terra tantum odoratissimisque floribus uiuit; ob id intestina eius diligenter exquiruntur iucundo nidore referta; crocodileam uocant

Tra gli ornamenti adatti ad una signora non poteva mancare il fondo-tinta (splenia), un composto a base di cinabro ed ocra, il cui uso era abituale anche presso i liberti, che lo impiegavano per mascherare tagli e bruciature che ne avrebbero rivelato i lunghi anni passati in schiavitù.

Non possiamo ovviamente trascurare il rossetto: le donne eliminavano le screpolature delle labbra con grasso d’oca e midollo di cervo, miscelati con resina e calce, e poi le tingevano con la cerussa, un rossetto color porpora a base di minio o forse di solfuro rosso di mercurio (XXVIII, 50)

ulcera oris ac rimas sebum uituli uel bouis cum adipe anserino et ocimi suco. Est et alia mixtura sebo uituli cum medulla cerui et albae spinae foliis una tritis. Idem praestat et medulla cum resina, uel si uaccina sit, et ius e carne uaccina

Il tipico belletto nero veniva invece ricavato dalla fuliggine (fuligo) ed era impiegato comunemente per sottolineare ciglia e sopracciglia, assieme ad esempio allo stibium, un composto a base di antimonio (da stibium deriva appunto il simbolo chimico di questo elemento chimico, Sb).

Plinio si sofferma poi sulle tinture per capelli, ricavate da ceneri e mallo di noce per ottenere il colore nero o pilae matricae per il rosso (si trattava di una tintura a base di pigmenti di origine minerale, ossidi di ferro ed estratti vegetali). Un particolare tipo di nero si ricavava anche dalla corteccia di una palma egiziana (XXIII, 52): cortex eius tener cum resina ... capillum denigrat.

Accenniamo anche ad un paragrafo dedicato alle creme depilatorie. Possiamo ad esempio citare il paragrafo di XIII, 25, dove il naturalista quasi si vergogna di ammettere che tra i tanti usi di una resina appena descritta il migliore che si sia trovato è proprio quello di crema depilatoria per uomini:

Resina omnis dissoluitur oleo - quidam et creta figulinarum hoc fieri arbitrantur -, pudetque confiteri maximum iam honorem eius esse in euellendis uirorum corpori pilis.

Significativo è tuttavia il fatto che Plinio, concludendo questa digressione, affermi che, dopo l’applicazione delle sostanze e delle creme da lui proposte, sia necessario comunque strappare i peli per assicurarsi che queste funzionino veramente...

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